Dizione Carismatica 2018: SOLD OUT!!!

Dizione Carismatica 2018: SOLD OUT!!! Sono ufficialmente chiuse le iscrizioni per il master della Cineworldcorporation diretto dal maestro Lino Moretti del teatro di Roma. Questo progetto è stato ideato dal presidente Livio Facciponte e dal vice presidente Gaetano Ricotta nel 2015 e adesso, dopo quattro edizioni, per la quinta volta la città di Canicattì risponde con una grande partecipazione, portando il master al Sold out con un numero di ben 18 candidati pronti a mettersi in gioco. Questa sarà un’esperienza ricca di colpi di scena adatta a professionisti che utilizzano la parola come strumento di lavoro, che hanno la voglia e la determinazione di perfezionare la propria dizione e la propria comunicazione corporea, cominciando con il potenziamento del proprio carisma. Lo scopo del su detto corso, infatti è quello di spronare la persona ad acquisire una maggiore sicurezza di sè, nella vita professionale e privata, interagendo su tanti aspetti del proprio carattere, in particolar modo sulla gestione delle proprie emozioni che spesso e volentieri tradiscono le nostre aspettative nei momenti in cui si parla in pubblico. Altro scopo del corso è quello di lavorare sulla strategia del coinvolgimento al fine di suscitare una maggiore attenzione da parte di un pubblico che dovrà ascoltare le proposte dell’oratore in questione. Le lezioni saranno dodici e i candidati che parteciperanno a questo magico percorso vivranno intense emozioni, simulando anche momenti della routine lavorativa al fine di mettere in pratica ciò che verrà spiegato in aula. Il maestro Moretti in un messaggio ha detto le seguenti parole: “Tornare a Canicattì è sempre un enorme piacere poichè ho conosciuto gente ricca di contenuti culturali e di un’enorme voglia di far sviluppare i propri progetti, legati a delle meravigliose ambizioni. Paragono il Canicattinese ad un vulcano di novità che guarda continuamente la propria città con lo stesso metro di misura con cui si guarda l’intera nazione. La Cineworldcorporation è un’associazione seria e fattiva che potrebbe donare al proprio territorio possibilità di crescita e di sviluppo lavorativo”. Ecco i nomi dei candidati che prenderanno parte al progetto:

  1. Provenienti da Canicattì: Vincenzo Farruggio, Rino Bancheri, Giovanna Bennici, Giuseppe Augello, Daniela Cummo, Irene Di Rosa, Melania Curto, Vincenzo Tiranno, Laura Guarneri, Rosamaria Rinallo, Dina Nicosia, Franca Fazio Tirrozzo, Anna Rita Alù, Concetta Monteleone, Silvana Rinallo, Antonio Caci;
  2. Proveniente da Palma di Montechiaro: Giusy Vitello;
  3. Proveniente da Serradifalco: Calogero Montante;
  4. Proveniente da Delia: Lachina Marilena.

Relatore del progetto saranno Salvatore Caico e Ilary Ponticello mentre il coordinatore sarà Carmelo Mulone, che assisteranno i candidati e coordineranno tutti gli appuntamenti assieme all’intera organizzazione del master. Conclude il presidente Livio Facciponte: ” Sta per iniziare un nuovo momento di cultura e di crescita per la città di Canicattì,  uno spazio creativo che ci farà ricordare quali sono le nostre potenzialità, che ci farà dimenticare i problemi che ognuno di noi si porta dietro, che ci farà essere orgogliosi di quello che facciamo aumentandone gli stimoli e l’entusiasmo. Ognuno di noi metterà in gioco se stesso al fine di migliorare la propria comunicazione e la propria voglia di crescere continuando a credere nei sogni e nelle ambizioni che ci porteranno a visualizzare gli obiettivi della nostra vita. Per me questo progetto è una boccata d’aria di novità e di stimoli che ogni volta contribuisce a ricordarmi chi sono e ad esserne felice. Sperando che vada tutto bene auguro un in bocca al lupo a tutti i corsisti e all’intero staff della Cineworldcorporation di Canicattì”. La prima serata sarà coordinata dal maestro Gaetano Ricotta in data 26/11/2018. A seguire avremo nuovi aggiornamenti sull’excursus dell’intero progetto.

Fotografare il gusto: food photograpy

Fotografare il gusto: food photograpy. L’occhio vuole la sua parte e la vista alimenta il senso del piacere dell’oggetto osservato. Il cibo fotografato richiama agli occhi dell’osservatore quel senso del gusto che a sua volta viene soddisfatto nel momento in cui attraversa il palato. Immortalare gli alimenti è diventato una moda oltre chè una professione e fotografare il cibo scaturisce emozioni, raccogliendone l’essenza del suo significato. Nasce così il food photography. Questa branca della fotografia pubblicizza il cibo (che è uno dei principali elementi utili alla sopravvivenza dell’uomo che non conosce ostacoli, confini e crisi) e con una semplice immagine ben scattata, esplicita più delle parole la consistenza, i colori dell’immagine ritratta. La figura professionale che ricopre il ruolo del food photography si chiama food photographer e per definirsi professionista, basilare è avere la passione per la cucina e conoscere ciò che si fotografa. Una figura correlata al food photograpy è quella del food stylist, a sua volta esponente di una forma d’arte chiamata food styling attraverso la quale occorre creare la giusta scenografia con gli “abiti di scena” adatti al concept che si desidera realizzare, affinchè si renda coinvolgente la fotografia del cibo che si vuole immortalare. Esistono tre ti pi di food photograpy e sono:

 – Fotografia per il packaging: caratterizzata dal fatto di lasciare poco spazio alla creatività e alla sperimentazione, contraddistinta da una perfezione tecnica;

– Food photography pubblicitaria: è una tipologia molto artistica attraverso la quale il fotografo può sfoggiare la sua creatività illustrando le qualità del prodotto;

– Food photography editoriale: questa tipologia di lavoro ha come obiettivo principale quello di trasmettere emozioni e sensazioni a chi guarda l’immagine, dove tecnica e fantasia del fotografo fanno la differenza nella rappresentazione dello scatto.

Per diventare un buon “stilista del cibo”, occorre avere chiaro in mente la “storia” che si vuole raccontare, partendo dal cibo che si vuole scattare relativa alla sensazione da trasmettere agli occhi dell’osservatore, che è l’obiettivo del food photographer. E’ un genere di fotografia questo del food che comporta pratica senza porre limiti alla sperimentazione e alla creatività. Una volta che si è scelto il soggetto, occorre scegliere la giusta inquadratura e vi sono due opzioni di scelta in merito:

 – Inquadratura dall’alto: utile per mettere a fuoco la “porzione” preferita;

 – Inquadratura da vicino: con questo genere di inquadratura si tende a mangiare con gli occhi la leccornia scattata come se si avesse il cibo a portata di bocca, con l’obiettivo di accendere il desiderio dell’alimento.

Altro elemento fondamentale per la buona riuscita dello scatto pensato è la luce. Occorre cercare di sfruttare la luce naturale al meglio ove è possibile ma in caso contrario si può predisporre della luce artificiale posta dietro “l’oggetto del desiderio” per conferire ad esso maggior naturalezza possibile. Il flash è sconsigliato per la possibilità di creare qualche riflesso inappropriato. Altro elemento utile è la composizione dove entra in gioco la creatività con tutti gli elementi del caso che possono essere piatti, bicchieri, fiori, sfondi colorati, sfondi in legno. Se si è alle prime armi è consigliato iniziare con uno sfondo bianco, dando pulizia, ordine e chiarezza, caratteristiche fondamentali per il food. In ultima analisi, subentra in aiuto photoshop per definire al meglio il soggetto. Fotografare il gusto: food photograpy. La ricetta giusta, a confine tra immaginazione, creatività e realtà per “cucinare” lo scatto giusto, alimentando il senso del gusto con l’osservazione e immaginazione.

La foto dell’immagine di copertina è ad opera di Tonino Catania.

Perchè l’uomo ha bisogno di lamentarsi anche se non serve?

Perchè l’uomo ha bisogno di lamentarsi anche se non serve? Lamentarsi in continuazione contamina la qualità della vita del singolo individuo e di chi gli sta intorno. Certo che le cronache odierne alle quali si è abituati a sentire, fomentano questo “status”. E i social non sono da meno in quanto virtualmente si ha più facilità ad inveire contro il mondo, mascherando un vero e proprio confronto reale. Quasi uno status, di certo per attirare l’attenzione su di sè, in un’epoca dove l’immagine è divenuta tutto. Si ci lamenta come forma di piagnisteo e come forma di aiuto e spesso e volentieri a volte questa forma di richiamo è poco accolta. Ma è pur vero che probabilmente il modus del lamentarsi, inconsciamente attui nell’essere un modo per attirare e per sentirsi al centro dell’attenzione, inconsapevole però di ricevere l’effetto contrario. Si tende a recriminare uno sfogo solo perchè magari non si ci sente apprezzati, perchè uno sa di aver effettuato sforzi così grandi da non aver ricevuto i giusti riconoscimenti. Ma in una vita dove si sa che niente è perfetto e che spesso e volentieri le meritocrazie sono estremamente difficili da raggiungere, recriminare uno sfogo diventa necessario perchè ormai si è diventati vittima di delusioni accumulate, in quanto lamentarsi di ciò che non va, allievi quel malessere interiore. Se pur si possa pensare che sia così, a lunga andare il crucciarsi alimenta l’ormone dello stress, annebbiando le capacità cognitive, di azione e di reazione del cervello, danneggiando mente e corpo fino a spegnere ogni funzione vitale. Si da troppo peso a situazioni spiacevoli da non riuscire a vedere il classico bicchiere mezzo pieno. Recriminare succede perchè  si pensa che le cose non cambino, divenendo il lamentarsi un atteggiamento negativo giornaliero. Lo si pone come ancora di salvezza in qualcuno o qualcosa che prenda in mano le redini della nostra vita affinchè essa venga cambiata creando una illusione, alla quale, preso coscienza, sovviene la consapevolezza che si è sprecato tempo a non voler cercare una vera e propria soluzione al miglioramento della propria qualità della vita. Sovviene allora la seguente domanda: se le cose non cambiano, perchè non cambiare atteggiamento? Partendo dal presupposto che lamentarsi è la ripetizione di uno stesso copione ripetuto, questo a sua volta per quanto possa essere difficile, si può cambiare. Ma come? Bisogna partire analizzando che il lamentarsi se preso come forma ha solo effetti negativi poichè comporta la possibilità di rimanere soli. Per far ciò occorre, con forza provare a fare un’autoanalisi e vedere di cambiare prospettiva, cercando di godere anche delle piccole cose che danno entusiasmo, perchè anche quando sembra che il mondo crolli addosso esiste sempre una via d’uscita. Può comportare sacrifici ma una volta concentrati su ciò che tormenta il proprio stile di vita, si può cominciare a cambiare modus operandi. Bisogna lavorare su ciò che comporta a lamentarsi che a sua volta rende infelici, scindendole da cose concrete che invece possono renderla più rosea. Per carità, fare qualche piccola osservazione potrebbe anche starci se avviene qualcosa che non va. Tuttavia NON occorre giudicare tutto e gli altri, bensì se stessi, con il coraggio di guardarsi allo specchio e cercare di vedere le cose come sono. Facendo così, lavorando sulle parole negative (poichè essere sono frutto di ciò che si pensa) e imparare ad auto-accettandosi può esservi già un modo per cominciare a non lamentarsi più. Perchè l’uomo ha bisogno di lamentarsi anche se non serve? Esprimere una rimostranza non significa la fine di qualcosa o qualcuno, bensì dovrebbe essere un atteggiamento tenuto ad “esorcizzare la fatica” per porre nuovi obiettivi da raggiungere e continuare a provare a credere in sè stessi.

Fotografia: perchè effettuare scatti macro?

Fotografia: perchè effettuare scatti macro? La macrofotografia è una branca della fotografia naturalistica quasi d’elite. L’individuo coabita in un ambiente naturale meraviglioso (che osservato nel suo contesto, con le sue luci e i suoi colori inalterati è un habitat tutto da godere e condividere) trasformato però dalla mano dell’uomo quasi a  propria immagine e somiglianza per il proprio benessere. Tuttavia esiste un altro mondo al quale non viene data nessuna relativa importanza, essendo “calpestato” quotidianamente. Questo magico mondo che troviamo sotto i nostri piedi si chiama macro dove piccolissimi esseri del micro mondo vengono ingranditi a dimensioni naturali. Entrando a stretto contatto con l’affascinante del “macro-cosmo”, si entra a contatto con un paesaggio totalmente incontaminato. La macrofotografia può essere definita fotografia d’elite in quanto non è un genere seguito da tutti, probabilmente perchè non è tendenza come quella di un ritratto ad una fotomodella. In questo genere di scatti, la posa è guidata dall’interazione tra fotografo e modella e se la posa desiderata non viene come la si ha progettata nella mente, la si può sempre ripetere. Invece nella macrofotografia, l’interazione con i protagonisti degli scatti è completamente diversa. Mentalmente bisogna entrare nell’ottica vera e propria di far parte del micro mondo dove il fotoamatore è ospite e deve avvicinarsi silenziosamente alla sua “preda” variopinta. Con i piccoli ma grandi protagonisti, si deve cercare di trovare un’interazione fatta di piccoli movimenti innocui che riescano a far recepire all’insetto che non si vuole lederlo in alcun modo. Un’interazione quasi sensitiva espressa con il semplice sguardo annesso ad un movimento delicato. Comporta grande pazienza e spirito di grande adattamento all’ambiente, senza timore di sporcarsi e rovinare il vestiario (che deve essere consono al tipo di fotografia). Il protagonista, divenuto amico del nostro occhio meccanico, è in grado di elargire grandi emozioni, poichè con gli strumenti adatti, vengono messi in rilievo il dettaglio dei colori, con effetti fuori dal comune, enfatizzando pura e vera armonia e status di quiete in quanto sembra di far parte di questo magico mondo, avvolti dal “caldo abbraccio” della natura. Colpiscono per la loro sensibilità e una volta cessata l’allerta di una possibile minaccia, diventano dei veri e propri modelli. I loro movimenti sono così leggeri come se stessero danzando inebriando di pace gli occhi di chi ha la possibilità di osservarli a distanza ravvicinata. I protagonisti sono insetti ( che sembrano quasi alieni) dalla molteplice varietà oltre che specie di piante e fiori. Un mondo fantastico quello del macro, dove un tempo per vedere queste scenografie surreali si faceva richiamo alla fantascienza. Oggi grazie alla tecnologia, la fantascienza è diventata realtà, tutta da toccare con mano. Fotografia: perchè effettuare scatti macro? Piccole grandi emozioni fatti di un micro mondo diventato macro in momenti di alienazione dal mondo circostante.

La foto dell’immagine di copertina è ad opera di Alberto Ghizzi Panizza.

Di sotto potete visionare la foto del nostro autore in formato originale.

Abbigliamento: influenza il comportamento?

Abbigliamento: influenza il comportamento? L’abbigliamento oltre che moda è tendenza ma spesso traspare le caratteristiche di una persona, a volte le devia all’occhio dell’osservatore. Per molti aspetti, il vedersi allo specchio in una certa maniera equivale all’apprezzamento di se stessi inteso come miglioramento dell’autostima, autocontrollo. Gli antichi dicevano che l’abito non fa il monaco ma è una teoria tutta da smontare in quanto, oggi si ci veste in una certa maniera per tendenza o per il semplice motivo di volersi sentire per chi si vuole essere. Facendo così l’individuo applica inconsapevolmente quello de “l’effetto dell’abbigliamento” che psicologicamente viene chiamato “pensiero vestito”, il quale lavora sui processi mentali, compresi quelli che costruiscono l’immagine di sé. Quindi, ad analisi contemporanea, oggi l’abito fa il monaco agli occhi di sè stesso e gli altri. L’effetto dell’abbigliamento è caratterizzato da “Io” e da “Me” dove l’ Io è il soggetto capace di riflettere su di sé e il Me è quello che l’Io conosce di sé che è in grado di riconoscere anche il corpo che è la materia di cui è fatto e che necessariamente va in giro vestito. A sua volta il “pensiero vestito” è caratterizzato da il “significato di un capo” al quale è connesso all’ “esperienza di vedere il capo su stesso”. Ad esempio se si indossa un abbigliamento serio, agli occhi di se stesso e degli altri, l’individuo apparirà più serio. Se si indossa un abito sportivo, vien da pensare che l’indossatore sarà più atletico. In merito all’abbigliamento vi sono però una moltitudine di variabili in quanto l’errore più grossolano che si tende a fare è quello di dare maggior peso più all’abito in se che alla figura del proprio io. Gli abiti, spesso e volentieri, vengono associati all’uso dei colori, come se il vestirsi, l’umore dipendano dall’abito. Ma prima di porre il “peso” sulla scelta dell’abito, per prima cosa bisogna porre il pensiero su stessi. L’io non è una moda o tendenza che passa nel tempo. Tutt’al più la scelta dell’abito va fatta su se stessi e successivamente per ciò che si desidera e sulla situazione nella quale si indosserà. L’abito deve ricalcare i tratti dell’individuo ma NON DEVE PRESENTARSI COME L’ELEMENTO DELL’APPARIRE MA DELL’ESSERE, trasudando le peculiarità del proprio io. E’ da precisare che l’incrocio tra moda e psiche variano a seconda delle situazioni che sono infinite. Abbigliamento: influenza il comportamento? Una rappresentazione di sè dove alla base della scelta sta l’io rappresentato con e non dall’abbigliamento.

La foto dell’immagine di copertina è ad opera di Fabio Mandosio.

Fotografia notturna: cosa nasconde?

Fotografia notturna: cosa nasconde? Cala la sera e arriva la notte. Per molti termina una giornata intensa di lavoro associando la sera come al riposo, connessa alle attività domestiche e chi invece aspetta la notte per dar inizio ad un nuovo ciclo vitale dedicato ai diurni. Ma la notte non è fatta solo di operatori dediti ad un servizio pubblico e privato. Durante la notte, fatta da un silenzio di chiaro e scuro, l’individuo diventa il viaggiatore notturno che, guardandosi attorno, comincia a dedicarsi a se stesso, con un libero arbitrio sconosciuto. La magia che un paesaggio riesce a trasmettere senza la presenza dell’inquinamento artificiale diventa un vero viaggio. Come succede nei film, è come se si ci addormentasse sulla sdraio, proiettando se stessi nel mondo che si vuole, fatto a propria immagine e somiglianza. E con la fotografia notturna, dove oltre ad immortalare quell’istante fatto da luci e ombre, per chi scatta, assume un doppio significato che si riesce a trasmettere solo ed esclusivamente su ciò che si ha davanti. Duplice significato perchè oltre ad essere un ricordo indelebile nel tempo, è una prospettiva di immagini, pensieri, sentimenti rimossi o seppelliti nel tempo da eventi, cose, anche persone o tutt’al più prendono forma, come il fiore che germoglia sentendo la primavera addosso. Un viaggio introspettivo con se stesso e il mondo perchè la fotografia è forma di comunicazione, probabilmente la più in voga oggi che deve essere sempre ben interpretata, letta. Il viaggiatore notturno, nello scattare emula il suo stato d’animo. Nello scattare un paesaggio marittimo notturno, con la luna che si riflette sullo specchio d’acqua può trasmettere visioni veramente profonde come un senso di benessere. Perchè può succedere questo? Il nostro corpo è fatto del 70% di acqua che è come se subisse il richiamo di altre fonti di acqua. La vicinanza al mare trasmette alla mente sensi di felicità, eccitazione. Questo effetto che si chiama blue mind è scaturito dall’esposizione delle onde elettromagnetiche che a loro volta provengono dal blu del mare, trasmettendo serenità e senso di quiete. Avviene anche questo perchè il mare è sinonimo di vita. A volte l’effetto “Blue mind” può incutere nostalgia come ricordo di qualcosa di bello che fu e che adesso non c’è. Il tutto perchè il mare, in tutte le sue forme è un normalizzare dell’inconscio (atta ad alleviare o enfatizzare lo stato d’animo del momento) che accompagnata dalla presenza della luna rappresentano un’intimità intrinseca. Non a caso il mare notturno è meta e ispirazione di molti fotoamatori. Altro esempio è lo scatto del fulmine. Il fotoamatore, nella figura de “il cacciatore di fulmini”, non solo tende ad immortalare la “ribellione della natura” ma la magnificenza della natura stessa perchè il fulmine, essendo in natura molto forte e pericoloso (ciò che è pericoloso attrae) può rappresentare distruzione e contestualmente creazione di una nuova vita. Questi sono brevi esempi di cosa possa nascondere la fotografia notturna. E’ sempre la “visione personale” del fotoamatore a dar luce ad opere che si riescono a rappresentare entrando a stretto contatto con l’ambiente circostante. Fotografia notturna: cosa nasconde? Un viaggio introspettivo a contatto con la realtà.

La fotografia di copertina è di Carmelo Mulone.

Lo zenzero: perchè farne uso?

Lo zenzero: perchè farne uso? Lo zenzero, anticamente detta come gingenovo è una pianta erbacea originaria dell’Asia tropicale. Il ginger (commercialmente è diffuso con questo termine) già usato prima dell’era cristiana, è stata una spezia usata sia in erboristeria che in cucina. Una spezia aromatica e piccante alta circa un metro a forma di canna che si ricava dal rizoma ( lo zenzero è il rizoma di Zingiber officinale, famiglia delle Zingiberacea) per la quale si racconta che fosse in uso anche nei rituali religiosi dove la semplice masticazione, profumando l’alito serviva ad “intonare” i canti religiosi per mettersi in contatto con le divinità. La storia narra che lo zenzero fosse usato anche nella medicina: Confucio attribuiva all’uso dello zenzero lo schiarimento della mente e l’eliminazione delle impurità; Dioscoride lo raccomandava per “scaldare e calmare lo stomaco”; Pitagora come l’antidoto contro il morso dei serpenti. Galeno, per il suo sapore “caldo” lo attribuiva alle sostanze afrodisiache. Nei paesi arabi, pestato col miele, serviva a rinvigorire l’attività sessuale. Se in passato aveva queste proprietà curative, perchè oggi è consigliato il consumo dello zenzero? Questo avviene perchè nel suddetto rizoma (confusa con la sua radice) è la parte che contiene proprietà benefiche adoperata in cucina (fresco o essiccato, ridotto in polveri). Tali proprietà sono olio essenziale, gingerina, zingerone, resime e mucillagini che assieme alle vitamine B, C ed E, oltre alla presenza di calcio, fosforo, sodio, potassio, magnesio, ferro, manganese, zinco, rame, selenio, attribuiscono al rizoma come il medicinale naturale più efficace. Di seguito troviamo le proprietà benefiche di questa spezia curativa:

– Toccasana per lo stomaco: velocizza la digestione e, grazie al gingerolo contenuto all’interno, aiuta anche a combattere il gas in eccesso e elimina i bruciori di stomaco. È ottimo anche per contrastare la nausea da gravidanza, il mal d’auto e il mal di mare.

– Prevenzione a febbre e mal di gola: viene utilizzato per prevenire e curare il raffreddore ma anche tosse, febbre e mal di gola.

– Calmante e lenitivo: è usato attraverso gli impacchi per calmare i dolori muscolari dovuti a strappi o cadute ma è anche impiegato per massaggiare i muscoli dopo l’attività fisica utilizzando l’olio essenziale. Viene anche usato per lenire scottature, eruzioni cutanee e herpes.

– Allevia il mal di testa: è adatto in caso di emicrania perché ha la capacità di bloccare l’infiammazione a livello dei vasi sanguigni.

– Aiuta a dimagrire: nelle diete dimagranti aiuta cioè a bruciare i grassi e attiva il metabolismo: basta masticare un pezzetto di zenzero fresco più volte al giorno. Inoltre rende i tessuti più tonici perché aiuta la circolazione sanguigna e, contrastando i liquidi in eccesso, è considerato anche un ottimo drenante per combattere la cellulite.

Preventiva e cura l’ipertensione: aiuta a rallentare l’accumulo di piastrine e il formarsi dei coaguli che garantisce una maggiore fluidità del sangue.

Aiuta la flora intestinale: grazie al gingerolo e allo zingiberene, lo zenzero ha proprietà astringenti e aiuta a migliorare la flora batterica intestinale contrastando i batteri dannosi che sono responsabili di diarrea, costipazione e stipsi. Inoltre aiuta a sgonfiare la pancia perché combatte flatulenza e meteorismo.

Poichè lo zenzero ne esalta gli effetti, nella sua assunzione bisogna fare attenzione all’utilizzo  concomitante di determinati farmaci (anticoagulanti orali, antinfiammatori, antiaggreganti piastrinici. Altre sì occorre però specificare che il consumo dello zenzero è sconsigliato a chi soffre di calcoli biliari in quanto stimola il rilascio della bile da parte della cistifellea. Ancora è sconsigliato l’uso a chi soffre di colon irritabile. Aiuta si a combattere la stitichezza ma se il colon è irritato, produce l’effetto contrario causando diarrea e gonfiore. E’ sconsigliato a chi soffre di allergie in quanto il consumo del ginger potrebbe scaturire eruzioni cutanee. In ultima analisi, prima di fare uso e abuso eccessivo di questa spezia, è sempre consigliato a rivolgersi a medici esperti che essendo a conoscenza della propria condizione salutare, può esprimere consigli favorevoli o sfavorevoli al consumo dello zenzero. Lo zenzero: perchè farne uso? Una spezia afrodisiaca e piccante dalle proprietà benefiche.

Come credere in se stessi?

Come credere in se stessi? Per molti credere in se stessi significa correlare questo fattore a qualcosa legato esclusivamente al passato oltrè che pensare e credere che la fiducia in se per se sia un fattore genetico. Infatti si pensa che chi da piccolo ha avuto lodi e ha avuto un’infanzia spensierata, abbia in sè una fiducia così forte da essere inalterata nel tempo. Al contrario succede che chi ha avuto un’ infanzia insicura essendo stato screditato, sia per sempre un fallito. In realtà la fiducia è un meccanismo che ha bisogno solo di interventi ordinari e a volte straordinari legati a situazioni  che la vita, nel proprio percorso presenta e che deve essere appreso e modificato in maniera tale da non farsi sopraffare dagli eventi. Un pò il fattore C (inteso come botta di fortuna) può aiutare, alleviare ma è anche sbagliato porre le proprie vittorie e sconfitte solo su questa condizione. Alla luce di ciò, come è possibile rendere inossidabile la fiducia in sè stessi? Credere in se stessi è il presupposto di tenere illesa la propria autostima, a prescindere di come vadano le cose, sia che siano positive o negative. In caso di affermazioni positive non bisogna mai vantarsi e sopravvalutarsi ma mantenere un profilo equilibrato e discreto. Nel qual caso gli insuccessi, le insoddisfazioni sovrastino la vita (che possono incappare comunque) non bisogna crogiolarsi sull’insuccesso, sugli errori cercando giustificazioni sul come , sul perchè sia successo, su chi sia la colpa ma bisogna rimescolarsi e riniziare imparando dai propri errori.  Dietro una sconfitta vi è sempre una vittoria! Per mantenere alta la bandiera del credere in sè stessi, occorre lavorare su alcune abilità razionali che possono essere comunque sempre rielaborate in base agli eventi che sovrastano la vita. Per cominciare bisogna lavorare su tre fondamentali fattori:

  •  Resilienza: è la capacità di assumere pensieri, atteggiamenti e comportamenti positivi in situazioni che possono essere destabilizzanti. Affinchè ciò accada occorre distaccarsi dal subconscio che può fomentare nella mente eventi simili, limitando il pensiero in un circolo di convinzioni che non portano niente, in quanto il pensare può portare al concentrarsi della situazione avvenuta e non alla probabile soluzione che si può trovare. Bisogna imparare a pensiera in maniera alternativa. Se pur è vero che non tutti i problemi siano risolvibili, è anche vero che si riesca a trovare l’alternativa. Facendo un esempio dal mondo dello sport, il noto pilota autombilistico Alex Zanardi, nonostante abbia perso entrambe le gambe, ancora oggi continua a fare l’entusiasmante mestiere di pilota, sfoggiando sempre un enorme entusiamo (segno inconfondile di lottatore e aver iducia in sè). In situazioni di gravi difficoltà, non bisogna mai perdere la voglia di lottare ma bisogna cercare comunque di circondarsi di persone che hanno la capacità di sostenere. Per non demordere, bisogna riuscire a smontare nel senso letterale della parola i pensieri negativi che ostruiscono la vivibilità serena con se stessi e gli altri adottando costanza e volontà di riuscire. Alimentare la propria resilienza con fermezza e positività, alimenta maggior sicurezza e conoscenza delle proprie capacità.
  • Assertività: dote comunicativa di esprimere le proprie idee con chiarezza, onestà, fiducia e rispetto. Essere assertivi comporta nel saper dire di no, avere in testa idee chiare e realizzaili, ammettere i propri errori, vedere le critiche in maniera costruttiva, saper ammettere i propri errori e saper riuscire ad ascoltare gli altri interlocutori. L’assertività mira a far emergere peculiarità e tratti individuali di ogni singola persona. Altresì garantisce l’essere e non il parere e comporta una profonda autoanalisi che consente di poter analizzare e razionalizzare il proprio lato emotivo, distinguendo quali possano essere i rapporti costruttivi e deleteri. Altresì consente di poter collaborare in un team perchè gli obiettivi sono raggiungibili con il lavoro di squadra e far congiungere idee che possono non collimare con quelle degli altri e viceversa, portando al risultato sperato variandone il percorso. Da la possibilità di creare un rapporto empatico con altri individui. L’empatia è un’altra caratteristica utile per la buona riuscita del credere in se stessi.
  • Empatia: capacità di entrare in profonda connessione con gli altri, sentendo le loro emozioni e gli stati d’animo come se fossero propri. Con questa capacità, si attenziona la capacità di ascolto per poter riuscire a parlare con maggiore sincerità affinchè dia la possibilità di essere considerati ed ascoltati, abbracciando tutte le sfere emotive e sociali che riguardano amore, amicizia, famiglia e lavoro. Fondamentale per lo “sviluppo” dell’empatia è l’umiltà (che molti non hanno o è in parte nascosta da tratti che hanno smarrito nel tempo) con la quale consente di ascoltare, osservare tutto ciò che succede intorno all’individuo con una visione tale da non sminuire nessuno. La virtù dell’umiltà spesso viene attribuita all’uso di sminuire o sottovalutare la capacità nascoste degli individui che mostrano più o meno fragilità. Riuscire ad ascoltare, valorizzare ma anche riuscire ad ascoltare noi stessi, cercando di impiegare il giusto tempo è un  percorso molto complesso ed articolato, difficile e complesso come se si volesse divulgare fratellanza. E’ giusto avere rispetto per gli altri ma avere quel rispetto in più, quella maggior presenza cercando di incentivare e rendere più chiari i momenti bui delle persone care rende migliori. Non a caso recita così la frase del celebre scrittore “Dan Brown“: Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri e per il mondo resta ed è immortale.

Come credere in se stessi? Credere in noi stessi, dietro una piccola autocritica, significa essere soddisfatti di noi senza bisogno di paragonarsi agli altri in quanto noi siamo ciò che pensiamo e per realizzare ciò desideriamo bisogna iniziare a pensare in maniera più efficace.

La foto dell’immagine di copertina è tratta dall’autore Giampiero Carusotto.

Fotografia: colori o bianco e nero?

Fotografia: colori o bianco e nero? Agli albori della fotografia, il colore non era suggestionabile con la pellicola  e non essendovi la scelta tra i multicolori o i monocromatici, per necessità la foto era in bianco e nero. La diffusione del digitale, ha permesso di aver maggior possibilità di cogliere la realtà nei modi più diversi ponendo la scelta del bianco e nero o del colore come una opzione stilistica. Ma a volte perchè si sceglie di scattare in black and white? I colori esaltano i dettagli catturando l’attenzione dell’osservatore ma è anche vero che il monocolore cattura interesse e oggi l’immagine digitale consente con più facilità di scegliere se è più idonea un’immagine a colori o monocromatica. Per prendere la giusta scelta, occorre basarsi su alcuni nozioni basilari. Occorre partire da un’analisi del colore che essendo un elemento forte, attrae l’attenzione dell’occhio ma nei casi di colori estremamente forti e brillanti come il rosso, possono creare distrazione distogliendo l’attenzione da altri particolari della foto stessa. Ad esempio in una foto come nella paesaggistica, magari in una foto al tramonto, l’effetto della luce al calar del sole diventa l’elemento principale della foto, divenendo il colore l’elemento filtrante del paesaggio scattato. Ma sempre in base ad un’attenta analisi della foto, bisogna porsi se la bellezza dell’immagine dipenda esclusivamente dai colori. Quindi si desume che il colore rappresenta la realtà dell’immagine evidenziata dalla luce usata per creare contrasti cromatici. Se pur è così, la scelta del bianco e nero diventa opinabile nel momento in cui i colori sono tenui o poco brillanti. Tutt’al più interagendo sulla retroilluminazione e contrasto delle luci e ombre il bianco e nero comincia a prendere “forma”. Pre-visualizzare l’immagine in bianco e nero è una capacità di osservazione che si acquista con l’esperienza. Il monocromatico risulta una caratteristica tale da rendere uniforme tutta l’immagine poichè con esso trovano maggior risalto i contorni, la tridimensionalità, le  caratteristiche dei materiali che formano l’oggetto diventando soggetti essi stessi. Elementi più inclini all’uso del bianco e nero sono la pelle umana, metalli, pietre, piante. Basilare dell’uso monocromatico è il contrasto della luce dove le zone molto luminose tendono ad essere bianche o quasi e le zone in ombra tendono verso il nero. Trasformando i colori in un”mondo” in bianco e nero, si ottiene altresì la semplificazione dell’immagine dando maggior possibilità agli occhi dell’osservatore una libera interpretazione. La fotografia è forma di arte e come tutte le forme di arte, raccontano sentimenti esprimendo l’umore, reso a sua volta ancora più tangibile dalla percezione della consistenza delle cose tramite il “tatto visivo”. Con l’esperienza, l’occhio riesce a percepire la qualità dell’immagine se è liscia o ruvida. Ancora con lo stile monocromatico, la creatività dell’artista ha più sbocchi per il semplice motivo che si porta l’immagine all’essenziale della sua conformazione, eliminando ogni confine spazio-temporale, portando l’immagine reale ad una resa astratta. L’ambiente circostante è la tela mentre il pennello è la reflex. Varie sono le opere che si possono riproporre con la fotografia. Questione sempre di lasciare libero arbitrio alla sperimentazione e alla pratica. Di contro, la stessa opera può essere realizzata con il multicolore che rappresenta per lo più la realtà nei suoi dettagli  dove oltre al contrasto, bisogna tener d’occhio anche la tonalità, la saturazione, i riflessi del colore e la variazioni della cromaticità. Qui il lavoro di post-produzione prevede una maggior attenzione perchè una regolazione errata può solo creare disturbo all’occhio. In ultima analisi, bianco e nero o multicolore che sia, è una scelta del fotografo in base a ciò che si desidera realizzare, dopo aver immaginato già nella testa lo scatto che viene poi messo in risalto dal lavoro di post-produzione che richiede pratica. Fotografia: colori o bianco e nero? Una scelta libera d’interpretazione che non pone ostacoli ma solo pratica e liberà di sperimentazione. A voi la scelta…  Le foto dell’immagine di copertina sono ad opera di Alessandro D’Alù e Roberto Rubino.

Spezia afrodisiaca e salutare: il peperoncino

Spezia afrodisiaca e salutare: il peperoncino. Il peperoncino, spezia dalle varie fome e colori, trova le proprie origini nelle culture Sud-americane. Scavi effettuati nel Messico indicano che già fosse in uso 9000 anni fa e che le prime colture risalgano a 5000 anni prima di Cristo. Il peperoncino è una pianta arbusta del genere Capsicum, facente parte alla famiglia delle Solanaceae. Il nome ha origine dal latino “Capsicum” che significa scatola che racchiude i semi coniata al nome greco “Kapto” che significa mordere poichè sembra che il gusto piccante “morda” la lingua. Una spezia, il peperoncino diffusasi in Europa con Cristoforo Colombo al rientro del suo viaggio che ha avuto una larga diffusione per la facilità della sua coltura che prese per l’appunto il nome di peperoncino, sostituendo quello del “chili”, per la somiglianza al gusto del pepe, preferendola alla coltivazione di quest’ultima essendo più costosa. Un’aroma popolare dalle qualità “infuocatrici” usato come conservante del cibo e cibo curativo per la salute per le qualità terapeutiche utili alla digestione e per la cura dei dolori reumatici. Con aroma popolare è da specificare che il peperoncino per molti anni è stato identificato come spezia per i poveri, in quanto dava sapidità ai pasti poveri dei ceti meno abbienti ed il suo sapore così piccante era poco apprezzato dai nobili palati. Definito anche afrodisiaco perchè essendo di natura calda, incita l’attività sensuale in grado stimolare passione e prestazioni e già dai tempi dei pre-colombiani era definito tale in quanto essendo in grado di dar “fuoco”alla bocca era in grado di accendere la passione tanto è che si racconta che l’imperatore Montezuma passasse le giornate con le sue concubine, consumandone in grandi quantità sia nei cibi che nelle bevande al cioccolato. Da notare che per la sua forma, ancora oggi come in civiltà antiche secondo la superstizione viene usato anche con effetto scaramantico. Trai i vari tipi di peperoncino, quello rosso, definito “Capsicacum annuum” è una pianta appartenete alle Solanaceae e diventa rosso nella sua piena maturità. La sua piccantezza è una caratterizzata derivata dalla “Capsaicina”, un alcaloide presente al suo interno in concentrazioni variabili a seconda della specie considerata. Questa sostanza viene definita “rubefacente” in quanto ha la capacità di stimolare e aumentare il flusso sanguigno. Altresì Il peperoncino è un frutto le quali proprietà servono non solo per condire cibi e insalate varie ma essendo a sua volta ricco di vitamine C,E,K,BA ha molte proprietà benefiche divenendo un rimedio naturale che abbassa il colesterolo, velocizza il metabolismo, stimola la circolazione sanguigna, è antibatterico, antistaminico e migliora la suddetta la circolazione sanguigna. A fronte delle sue capacità benefiche, è consigliato sempre di consumare il peperoncino a dose comunque limitate ed è sconsigliato da ingerire a chi soffre di cistite, epatite, ulcera, gastroenterite. Una pietanza probabilmente non gradita a tutti per la sua piccantezza. Infatti per attenuare il “calore” è consigliato di accompagnarlo con il pane o bevande gassose o all’alcol perchè la capsaicina è solubile in questi elementi. Esistono circa 3000 tipologie di peperoncino che variano dal grado della sua piccantezza secondo la scala di Scoville (nome del chimico che l’hai ideata). Le specie più diffuse sono cinque e sono:Capsicum annuum; Capsicum frutescens; Capsicum  chinense; Capsicum baccatum; Capsicum pubescens. Il “Capiscum annum” è la specie più diffusa in italia alla quale fanno parte pure i peperoni. A sua volta, il capsicum annuum si divide peperoncino comune, peperoncino di cayenna, baci di satana, jalapeno, poplano, habanero. Spezia afrodisiaca e salutare: il peperoncino. Spezia afrodisiaca dal gusto caldo in grado di scaldare palato e cuore.