Come fotografare in controluce?

Come fotografare in contro luce? Nella fotografia la luce è determinante nella riuscita di una foto. La norma generale richiede di avere durante la fase dello scatto la luce alle spalle del fotografo o tutt’al più di lato affinchè il soggetto sia illuminato. Tuttavia può succedere che per mancanza di spazio o per impossibilità di spostare luce o soggetto, si sia costretti a scattare in controluce e questa modalità di scatto, per quanto logicamente sbagliata, è una tecnica interessante che da la possibilità di ottenere effetti molto particolari. Infatti con la sorgente luminosa alle spalle del soggetto si tende a valorizzare le cosiddette silhouette, evidenziandone i contorni creando un distacco tra le zone luminose e quelle in ombra e questo effetto avviene immortalando qualsiasi sia l’oggetto. Conoscere la luce è basilare perchè muta in ogni frangente, in base ai riflessi determinati dall’orario. Come in ogni scatto, anche in questo in genere di fotografia è opportuno avere chiaro cosa si voglia esaltare, interagendo su contrasti molto forti variando l’esposizione. Ma come si scatta in controluce? E’ consigliato scattare in modalità manuale poichè bisogna interagire sul tempo di esposizione, diaframma e ISO. Anche la sovraesposizione e sottoesposizione sono basilari. Nel caso in cui si voglia valorizzare i contorni creando la silhouette, occorre scattare con un diaframma più o meno chiuso pari a f/8, ISO 100 e un tempo di scatto pari  1/250. Invece per schiarire il soggetto, essendo questo troppo scuro, è consigliato scattare con un tempo pari a 1/250, ISO 400 e un diaframma che varia tra f/4,5 e f/2.8. Scattare in controluce, comporta a dare maggior espressione al volto scuro del soggetto diventando più naturale. Il controluce è tecnicamente difficile e può richiedere l’ausilio di qualche supporto tecnico. Di seguito qualche ragguaglio:

  • Flash: anche se potrebbe sembrare un paradosso, il flash illuminare la parte anteriore non illuminata dalla luce presente naturalmente. La pratica viene impiegata nei ritratti oppure nel caso di oggetti in primo piano che presentano parti in ombra. L’uso del flash risulta inutile per  le fotografie di monumenti e di animali lontani.
  • Pannelli riflettenti: L’effetto è lo stesso del flash con effetti più naturali e si consiglia di utilizzare per illuminare in maniera più soft la parte anteriore del soggetto ripreso. Un pannello riflettente ha il compito di riflettere la fonte luminosa posta alle spalle del soggetto al centro della scena e irradiarlo di luce.

In ultima analisi, il tocco di photoshop durante la post-produzione ha la sua importanza in quanto consente di avere a disposizione una moltitudine di opzioni intervenendo sulla saturazione del colore, aumentando anche l’intensità facendola virare sul giallo-rosso dando la percezione che la foto sia stata scattata in un orario diverso da quello reale oltre che sia un’immagine sbiadita dal tempo. Come fotografare in controluce? Un frammento di tempo scolpito dalla luce che vi abbaglia determina un’ombra che nell’oscurità riflette la sua anima rendendola carica di movimento e sentimentalismo fluttuante tra la luce che la circonda si trasforma in una poesia d’amore.

L’immagine di copertina è tratta da una foto di Salvatore Sinatra.

Cioccolato: prelibatezza della salute

Cioccolato: prelibatezza della salute. Il cioccolato, prelibatezza di origini antiche, è tutt’ora uno degli alimenti preferiti dai “golosi del palato”. In base a degli studi botanici, è una pianta che risale a più di 6000 anni fa presente nel Rio delle Amazzoni. Un cibo privilegiato dai tempi dei Maya definito “cibo degli dei” in quanto era destinato al consumo da parte di alcune classi sociali quali sovrani, nobili e guerrieri. Associare il cioccolato alle divinità fù anche una prerogativa degli Aztechi che continuarono la coltura del cioccolato usandolo anche come bevanda associando questa prelibatezza alla dea della fertilità, usata anche nei riti religiosi. Veniva sorseggiata calda dopo essere stata diluita con l’acqua e successivamente aromatizzata con sostanze nutrienti come vaniglia, peperoncino e pepe che, nel loro impiego avevano anche effetti benevoli per effetto tonificante e stimolante dovuto alla “Teobromina”. Prelibatezza del palato ma anche un benessere per la salute in quanto vi sono degli studi recenti che conferma che il cioccolato, assimilato nelle giuste dosi fa bene. Fra le varianti di cioccolato, quella più idonea al benessere è il cioccolato fondente, purchè abbia una percentuale di cacao maggiore uguale al 70%. Infatti secondo studi del ricercatore in psiconeuroimmunologia e scienze alimentari, Lee S. Berk più zucchero c’è e più si è felici. Questo avviene in quanto il cacao, assunto in dosi giornaliere tra i 30 e i 40 grammi agisce sulle funzioni cognitive, sulla memoria, sull’umore e sul sistema immunitario. Degli studi specifici infatti hanno evidenziato che l’assimilazione del “cibo degli dei” sulle attività cerebrali comporti nel breve periodo meno stress, più buonumore e capacità di guardare positivamente alla vita. Bensì indagando sugli effetti del sistema immunitario e della percezione sensoriale, provoca aumento della memoria muscolare e l’apprendimento di nuove abilità. Altresì il cacao del cioccolato è anche un anti-depressivo che contiene anche l’ormone psicoattivo della “Feniletilamina” che genera la produzione di serotoninaendorfine e anandamide generando stati di euforia, preludendo le porte della passione. Ebbene si, in ultima analisi, il cioccolato è uno dei cibi prelibati che risveglia tutti i sensi, compreso quello del desiderio, rientrando così nella cerchia dei cibi afrodisiaci, stimolando la produzione di una serie di composti tra cui la suddetta “Endorfina” che a sua volta è rilasciata dall’attività sessuale. Cioccolato: prelibatezza della salute in un concentrato di piaceri persistenti amalgamato in un dolce senso del piacere.

Fotografia: la sfocatura del Bokeh

Fotografia: la sfocatura del Bokeh. Il termine Bokeh deriva dal vocabolo giapponene “Boke” 暈け o ボケ che significa sfocato. Tale effetto è quello probabilmente più usato dai fotografi nella ritrattistica ma di norma è usato per mettere in risalto il particolare concentrandosi sul soggetti, sfocando il contorno. In poche parole, il Bokeh è la qualità piacevole o estetica della resa confusa non a fuoco in una foto. Per applicare l’effetto Bokeh bisogna lavorare sull’apertura del diaframma e varia dall’uso dell’obiettivo. Più si apre il diaframma più la profondità di campo diminuisce e di conseguenza i dettagli fuori fuoco sono minori. Quindi lo sfocato risulta molto “morbido” a grandi aperture e viceversa più “duro” a piccole aperture del diaframma. In parole semplici, per ottenere  il Bokeh, bisogna lavorare con un diaframma pari a f/4 a scendere. Questo effetto, strutturalmente dipende dalla sfericità della lente delle ottiche che convergono i fasci luminosi dello sfondo e/o ( più sono vicini all’asse centrale, più sono a fuoco) del soggetto in base all’apertura o meno del diaframma stesso. Invece più i raggi sono diagonali e più è sfocato l’oggetto dal quale provengono. Questo fenomeno prende il nome di aberrazione sferica. Infatti chiudendo il diaframma si rende in pratica l’obiettivo meno sferico e quindi il fenomeno dell’aberrazione e dello sfocato si riduce drasticamente. E’ da precisare che in questo effetto la sfumatura degli oggetti sfocati è direttamente legata alla correzione dell’aberrazione sferica che viene effettuata dagli obiettivi stessi: sotto correggendo, lo sfondo “più vicino” sarà più nitido, mentre il resto sarà sfocato in maniera graduale. Sovra correggendo, avremo il primo sfondo più sfocato. Occorre precisare che per quanto banale potrebbe risultare, occorre precisare che l’effetto Bokeh oltre a mettere in risalto il soggetto, serve a nascondere uno sfondo poco gradevole all’ occhio umano, isolando il soggetto “catturando” l’attenzione all’occhio dell’osservatore. Spiegata questa piccola prefazione sull’uso del diaframma, per ottenere lo sfocato bisogna mettere a fuoco il soggetto “puntando” la messa a fuoco sugli occhi se è un animale o una persona o sulla parte interessata dell’ oggetto. Di seguito qualche piccola norma per applicare l’effetto Bokeh:

  • Se la profondità di campo è breve e non si riesce a mettere a fuoco entrambi gli occhi, bisogna focalizzarsi su quello più vicino.
  • Posizionare il vostro soggetto quanto più lontano possibile dallo sfondo. Più questo è “solitario” tanto più marcato sarà l’effetto bokeh finale: gli oggetti lontani vengono sfocato molto più di quelli vicini.
  • Evitare anche di avere uno sfondo disomogeneo. Uno sfondo “piatto” è decisamente più efficace, soprattutto in situazioni in cui non riuscite ad allontanarlo troppo dal soggetto.
  • Massima apertura focale poichè più l’apertura è ampia, più sarà la differenza di messa a fuoco tra il vostro soggetto ed il resto. Area della foto: non modificatela (allargandola o restringendola) con lo zoom, quest’ultimo vi serve per l’effetto bockeh.
  • E’ consigliato “zoommare” al massimo possibilità che può essere colmata con i teleobiettivi poichè accentua la differenza di messa a fuoco tra soggetto e resto. Tuttavia con un 18-105 standard alla massima lunghezza (e massima apertura) si ppuò ottenere un ottimo risultato.
  • Area della foto: Muovetevi, avvicinatevi o allontanatevi dal vostro soggetto senza ingrandire o modificare la foto.

Le lenti a ottica fissa sono l’ideale per realizzare l’effetto Bokeh, essendo lenti più luminose. Di seguito qualcuna di queste.

  1. Obiettivo NIKON AF-DX 35mm f/1.8 G 
  2. Obiettivo NIKON AF- S 50mm f/1.4 G
  3. Obiettivo NIKON AF-S 85mm f/1.8 G 

In alternativa ai suddetti obiettivi, è possibile usare gli zoom 18-200mm per le mezze formato e il 24-70 per le full frame. Fotografia: la sfocatura del Bokeh. Il dettaglio di un soggetto in un contesto sfocato

La foto dell’immagine di copertina è a cura di Gianfranco Cappuccini

Ombre misteriose: si definiscono entità aliene?

Ombre misteriose: si definiscono entità aliene? Chi ha avuto l’occasione “inquietante ” di vedere le persone in ombra non ha certezza di cosa possano essere. C’è chi conferma che siano fantasmi, presenze paranormali o alieni. E’ da premettere che per entità aliene si intende entità per le quali se ne sconosce la provenienza e studiosi del paranormale affermano che queste siano viaggiatori spazio-temporali o esseri multi-dimensionali. Qualsiasi possano essere queste essenze, appaiono in una frazione di secondo, si intravedono come sagome che spariscono  non appena avvertono di essere viste. Per codesto “avvistamento” esistono due linee di pensiero che variano tra passato e presente. In passato si pensava che fossero anime perdute sfuggenti che hanno vissuto sempre in parallelo con la vita reale ; oggi sono intese come figure che lacerano la realtà. Teoria interessante che suggerisce la loro inesistenza ma la loro presenza. Il ricercatore del paranormale Heidi Hollis afferma che questi esseri sono più propensi ad attaccare gli umani emotivamente nutrendosi delle loro paure. Tuttavia gli scienziati hanno provato ad attribuire il motivo della suddetta apparizione a condizioni psico-fisiche da rendere reali queste presenze. Questo perchè vi sono individui che soffrono di paralisi del sonno che “sentono” queste figure in maniera paralizzante avvertendo freddo. Secondo i neuroscienziati Baland Jalal e V. S Ramachandrab asseriscono che queste situazioni derivano da teorie neurologiche ove la mancanza del sonno comporta visioni di presenze in ombra. Bensì esiste anche la teoria dei “corpi astrali” per la quale, secondo il docente Jerry Gross, queste presenze affrontino un viaggio extra-corporeo quando si dorme osservando fuori dal corpo le figure siderali transitorie. Altri asseriscono che le persone in ombra siano alieni e chiunque affermi di averle viste nelle loro svariate occasioni, le shadow people rimangono ombre in grado di attraversare muri, tutte con la stessa capacità di affacciare e scomparire in un secondo. Ancora non sono da confondere con i fantasmi i quali a differenza delle persone ombra sono figure nebbiose avvolte da un alone di bianco e dalla forma umana. Figure paranormali che hanno suscitato sempre un certo fascino e fonte di studi. Detto ciò, nascono un paio di quesiti ovvero come sono e come nascono? Quest’entità non appaiono a tutti ma dipendono dalla sensibilità di colui che osserva e dalla volontà dell’oscura presenza. Al tatto possono trasudare tepore o freddezza. Uno dei tratti più caratteristici che queste figure rappresentano è l’indifferenza nei confronti di chi li osserva, in preda a determinate faccende domestiche con azioni automatiche sonnamboliche. Questi esseri possono venire tra noi anche a distanza di anni. Figure che si materializzano in forma tangibile ma non visibile, come le mani visibili che a volte stringono un braccio o la faccia. Ombre oscure in forma nitida e a tratti caratterizzati da vapore che appaiono su luoghi dove sono stati commessi atroci crudeltà, probabilmente, secondo tradizione cattolica spiegate come una proiezione dall’altro mondo di anime bisognose di preghiere. L’argomento è immenso. A conclusione, le persone in ombra e la loro natura, definiti come viaggiatori del tempo, rimangono sempre un mistero e anche se non vi è una spiegazione scientifica che ne dia una prova certa della loro esistenza ma solo supposizioni, è inevocabile che comunque esistano, probabilmente dettate da un’immaginazione iperattiva dove i fattori possono essere tanti. Ombre misteriose: si definiscono entità aliene? Ombre surreali dove la loro esistenza è data da uno scetticismo “alienato” nei pensieri più remoti insito nel singolo individuo, per le quali la figura in ombra è una realtà occulta.

Fotografia: come analizzare uno scatto?

Fotografia: come analizzare uno scatto? E’ la stessa cosa di leggere una poesia oppure osservare un quadro. La fotografia è una forma di comunicazione come tante altre poichè racconta in una maniera alquanto personalizzata un singolo evento. Nella fotografia si possono condurre numerose analisi a livello della grammatica fotografica e della composizione. Attenzione! Analizzare uno scatto non deve essere confuso con “giudicare uno scatto”. Di questa mia ultima affermazione, vi dò subito delle spiegazioni. La foto è arte, e come tale nasce dalle regole ma non le rispetta poichè interviene il singolo pensiero strettamente personale di chi fotografa. Esistono delle regole che si possono adattare ad un modo di fotografare più comune, ma nella personalizzazione no. Arte, fotografia, pittura, scultura, si muovono tutte in maniera diversa, ma hanno gli stessi canoni, nascono dalle stesse regole e in ugual maniera le infrangono. Chi pensa di giudicare uno scatto fotografico è uno stolto con grosse carenze culturali poichè andrebbe ad ostacolare la libera interpretazione di un artista spersonalizzandolo della cosa che più caro: il carattere. Precisato che analizzare non significa giudicare uno scatto possiamo procedere nel darvi dei giusti consigli su quali canoni basarvi per analizzare una fotografia:

  1. Tecnica strumentale: messa a fuoco, ISO, diaframma con conseguente obiettivo. Qui individuiamo la strumentazione utilizzata nella maniera più performante possibile poichè ciò rende uno scatto più chiaro ed esplicito possibile;
  2. Luci: la temperatura del colore con una luce chiara o scura, o addirittura notturna può cambiare il messaggio che si vuole trasmettere con una fotografia. Certe volte si guarda più all’aspetto estetico che al messaggio stesso e ciò è sbagliato poichè vi ingannerebbe e muterebbe il senso di ciò che volete trasmettere. La luce può essere naturale o artificiale, ad ogni modo siete sempre voi il deus ex machina, poichè decidete voi l’ambientazione della vostra opera;
  3. Post-produzione: questa è la fase più difficile da controllare poichè è una correzione che rischierebbe di migliorare o alterare uno scatto con estrema facilità. Con le nuove tecnologie la post produzione è diventata quasi obbligatoria poichè tutta la strumentazione fotografica avviene in forma digitale. Grazie a questa la libertà di espressione è ancora più incentivata in quanto permette all’artista di dettagliare al massimo la propria espressione:

Questi tre punti sino adesso citati raggruppano per linee di massima ciò che della fotografia può essere discusso e ciò che può essere insegnato ad un allievo che vuole avvicinarsi a questo affascinante mondo. Ora entriamo nella fase più delicata dell’analisi fotografica cioè quella del messaggio con interpretazione personalizzata che si vuole dare ad un pubblico di lettori tramite il proprio scatto. Cosa si può insegnare? Cosa si può analizzare? Cosa si può mettere in discussione? Ricordatevi sempre di non cadere nel “giudicare” poichè deviereste il vostro messaggio costruttivo spersonalizzando il soggetto che avete davanti. Adesso si parla del messaggio, come analizzarlo? E’ semplice… La prima cosa che si deve fare è chiedere al fotografo qual’era l’idea che aveva prima di realizzare lo scatto. Dopo ciò bisogna vedere se lo scatto coincide con l’idea espressa dall’autore prima di realizzarlo. Se secondo l’autore non coincide allora lo scatto diventa discutibile dal punto di vista dell’interpretazione. Se l’autore dello scatto dichiara che il messaggio della foto coincide con l’idea che aveva prima di scattarla la problematica passa all’interpretazione dell’autore stesso che essendo estremamente soggettiva diventa impossibile discuterla senza cadere nel giudicarla. Concludo questo nostro breve trattato con il mio umile pensiero: la fotografia è figlia dell’arte e in quanto tale esprime una comunicazione della realtà che ognuno di noi vuole esprimere. La fotografia è viva poichè è mutevole ed evolutiva come il nostro pensiero. I pensieri sono difficili a vedersi, ma tramite quest’arte trovano una porta che li materializza nella realtà in cui viviamo diventando parte di essa. Tramite la foto si può costruire l’anima di una persona e per questo bisogna averne rispetto.

Baci sulla bocca: ad occhi aperti o chiusi?

Baci sulla bocca: ad occhi aperti o chiusi? Il bacio sulla bocca è il primo gesto che apre un rapporto sentimentale estremamente personale tra due amanti in grado di far trapelare una moltitudine di emozioni. Esso consente di assaporare  l’odore, il tatto, il respiro e lo spirito della persona della quale si è attratti. Il bacio sulla bocca varia da situazione a situazione ma qualsiasi esso sia, può succedere di darlo sia ad occhi aperti che ad occhi chiusi. Da qui sorge un simpatico quesito: é meglio baciare ad occhi chiusi o aperti? A tal proprosito esistono due linee di pensiero che non sempre corrispondono:

  • Bacio ad occhi chiusi: Di norma gli occhi chiusi si tengono per concentrarsi sull’emozione che si sta provando e baciare con le palpebre serrate consente di concentrarsi solo ed esclusivamente al senso del bacio, contornato da un ardore di passione, carico di sentimento ed eros.
  • Bacio ad occhi aperti: Si dice che chi bacia ad occhi aperti invece lo fa perchè sprangare lo sguardo può sembrare come un isolarsi da questo magico momento fatto di intimo. Anzi guardare negli occhi la persona amata può anche accendere di più la passione. Guardare negli occhi aiuta a percepire che tipo di desiderio abbia il partner nei confronti dell’altro ma nella maggior parte dei casi è un bacio che implica particolari coinvolgimenti.

Tuttavia, degli studi psicologici della Royal Holloway University di Londra assericono che al di là delle emozioni che si possano provare nel baciare nei rispettivi modi, il chiuderne gli occhi è un modo istintivo in quanto tutti i sensi sono in all’erta rendendo meno convolgente il momento del bacio e chiuderli significa concentrarsi in un certo senso esclusivamente a quell’attimo “galeotto”. Quindi il chiudere gli occhi è una reazione istintiva in quanto il cervello fa fatica a sopportare conteporaneamente informazioni visive e tattili e serrarli significa concentrarsi sulle reazioni tattili. Infatti il congiungere lo sguardo avviene per ogni gesto che può trasmettere immense sensazioni, al di la del bacio che possa essere. Di contro, in base a ciò, baciare con gli occhi aperti può indicare poco coinvolgimento. Chiusa questa piccola parentesi scientifica, occhi aperti o chiusi che siano, conta la passione che si mette in quel piccolo breve contatto. Il bacio è un gesto tanto intimo quanto intrigante che non ha uno schema ben definito nel darlo. Comanda sempre il desiderio e la voglia del momento. In ultima analisi occorre precisare che le origini del bacio risalgono a tempi lontanissimi, inteso come atto erotico. Per i latini i baci erano “Osculum” come bacio del rispetto, “Savium” e “Basium per libidine e affetto. Vi è da aggiungere anche che il bacio è un sinonimo di grande effetto erotico attraverso il quale parte delle donne rispecchiano in esso un atto erotico più del sesso stesso poichè comporta a creare l’approccio all’intimità. Esistono diversi tipi di bacio ma quelli che rappresentano l’exploit della passione sono i  baci “alla francese” e i baci sul collo. Baci sulla bocca: ad occhi aperti o chiusi? Un piccolo grande gesto dai tanti significati ma in grado di aprire le porte al “paradiso del piacere”.

Fotografia naturalistica: tecniche di scatto

Fotografia naturalistica: Il senso di libertà. Questo è un genere di fotografia estremamente interessante per il semplice fatto che si instaura un contatto diretto con la natura. Occorre precisare che questo genere si divide in: macrofotografia, paesaggio e ritratto animale.

  • Macrofotografia: Genere di fotografia che tende a fotografare soggetti piccoli quali insetti, fiori e parte di essi attraverso l’uso di obiettivi specifici denominati obiettivo-macro, dotati di lenti di ingrandimento in modo tale da poter ritrarre nel dettaglio un mondo sconosciuto ma estremamente particolare, invisibile all’occhio nudo.
  • Paesaggio: E’ un genere fotografico ambito da tutti i fotografi che ritrae il paesaggio naturale così come è ( mare, montagne,ecc) nella sua espressione di particolari. Per paesaggio si intende anche paesaggio urbano (paesi, metropoli, scorci di città)
  • Ritratto animale: Ritratto della fauna cercando l’empatia con un soggetto poco collaborativo ove è richiesta anche un certo di tipo di interpretazione e personalizzazione.

Per trovare l’empatia giusta con questo scenario a dir poco meraviglioso bisogna saperla ascoltare ed osservarla con un silenzioso rispetto cogliendone i colori, i rumori lasciando la natura nella sua libera espressione di raccontarsi senza che il fotoamatore sia invadente. Nella macrofotografia e nei ritratti agli animali infatti il fotoamatore inteso come il “cacciatore del particolare” deve avvicinarsi ai soggetti in modo quieto evitando di essere per loro un segnale di pericolo bensì un elemento innocuo dell’ambiente. Creata la familiarità col soggetto sono garantiti scatti veramente emozionanti ove è possibile mettere in risalto la magnificenza dei colori e della sfumature evidenziandone il particolare. Per il vero appassionato non esiste caldo, freddo, pioggia (con la dovuta protezione della reflex) nè timore di  sporcarsi, sdraiarsi a terra in mezzo al fango se lo ritiene il caso, pur di portare a casa l’agognato scatto. Flora o fauna che sia il soggetto, lo splendore dei colori e un pizzico di creatività consentono di realizzare dei quadri d’autore. Questo genere di scatti comporta un’enorme pazienza ma se esiste amore per la fotografia e la natura non esistono ostacoli che tengano. Per cominciare a svolgere la fotografia naturalistica è consigliato conoscere il posto. Se pur è vero che per fotografare bisogna avere lo scatto già pronto nella mente, può succedere anche che sia l’attimo a richiamare il fotoamatore cogliendone lo scatto. La tecnica varia da soggetto a soggetto e da scatto a scatto ma per una buona resa di questo genere di fotografie è fondamentale la resa dei colori e la cura del dettaglio e un valido aiuto è consolidato dalla scelta degli obiettivi. Per quanto concerne la macrofotografia è consigliato l’uso di un’ ottica macro (sistema di lenti in grado di restituire un rapporto di riproduzione di 1:1). Esistono lenti con focale corta e lunga che variano da 50mm a 20mm. Con la prima focale bisogna avvicinarsi molto al soggetto per “colpirlo” ma si può usare più a mano libera.  La seconda focale consente di allontanarsi dal soggetto perdendo a sua volta un pò di tridimensionalità. Se invece si desidera scattare animali, in generale è consigliato l’uso del teleobiettivo o tutt’al più può andare bene un 18/300 per le mezze formato e il 28/300 per le full frame. Per la fotografia paesaggistica invece l’ideale sarebbe usare il grandangolare che consente di inquadrare su un vasto raggio di azione ma anche in questo caso, come ad esempio il 16/35 per le full frame e il 12/24 per le mezzo formato. Di grande aiuto risulta il treppiede poichè per scatti con diaframma che varia tra f/11 e f/16 e tempi di scatto lunghi, tende a limitarne il rumore. Per quanto riguarda i tempi di scatto nella macrofotografia, essendo essenziale la ricerca del dettaglio, occorre chiudere il diaframma tra f/11 e f/16 (da variare a seconda della luce naturale interagendo sull’impostazione dell’ISO), con tempi di scatto veloci. Per il ritratto faunistico, negli scatti diurni è opportuno scattare con ISO pari a 200, massimo 800 ma essendo un soggetto dinamico, il tempo di scatto idoneo da usare varia da un minimo di 1/250 a 1/500. Nozioni tecniche generali che comunque possono variare in base al tipo di scatto che si vuole realizzare, le parola chiavi per una crescita fotografica naturalistica rimangono passione e costanza dove bisogna scattare oltre che con gli occhi e col cuore. Infine, nell’era della fotografia digitale, aiuta sempre a dare tocchi di personalità e/o sistemare errori di scatto. Fotografia naturalistica: ricerca del dettaglio in un mondo vario pinto.

Di seguito qualche esempio  di macrofotografia e foto naturalistica.

 

Superstizione: scienza dell’impossibile?

Superstizione: scienza dell’impossibile? Le superstizioni sono credenze popolari che ancora oggi sono molto diffuse. Il gatto nero ad esempio?! Se nel Medioevo il gatto era spesso associato alla magia nera, nell’antico Egitto era sacro, qualsiasi fosse la sua tinta. Oggi non è esiste una vera e propria definizione ma la superstizione è interpretata come un “modus operandi” giornaliero definito auto-rinforzante per combattere le incertezze che spesso si collegano a fatti colmi di una logica difficile da individuare come il caso. Infatti per molti individui i comportamenti superstiziosi vengono usati con un senso di controllo per ridurre l’ansia. Più forte è l’ansia (soggiogata anche dallo stress) più i richiami alla superstizione sono frequenti. Bensì in questi casi le scelte delle proprie azioni  sono spinte più da una valutazione dovuta al caso che alla ragione. D’altro canto se queste idealizzazioni individuali servono a migliorare la propria qualità della vita, la superstizione diventerà una sorta di morfina che attutirà le angosce esistenziali di ogni singolo individuo. Le varie superstizioni spesso si presentano molto articolate e con delle prassi da seguire quasi metodologiche come ad esempio arrivare all’uso di accessori contro la sfortuna come amuleti, corni e via di seguito. In conclusione qualsiasi sia l’esito di ciò che si svolge è derivabile solo da situazioni concrete. Ma la superstizione se analizzata bene può quasi diventare una scienza del controllo delle proprie emozioni. Il credo potrebbe diventarne l’elemento cardine. L’uomo ha bisogno di credere per stare bene, sia per non pensare a dei motivi logici di determinati fatti, sia per non pensare e basta. Si può anche credere nelle superstizioni purché si discernino dalla realtà e che la superstizione probabilmente è un trucco della mente per “smussare” l’evento sfortunato. La superstizione è una “realtà immaginaria” che ogni tanto si accosta alla quotidianità. Di certo la credenza alla superstizione è direttamente proporzionale al livello culturale e alla curiosità evolutiva di ogni singolo individuo. Chi crede non può mettere in crisi la propria credenza altrimenti non crederebbe più. Chi non crede ha la spiegazione chiara sui fatti dominanti la propria esistenza ma vorrebbe credere alle superstizione per non vedere la vera realtà dei fatti… Quindi la domanda che ci poniamo è la seguente: Credere alla superstizione o inseguire la cultura e la logica? Non c’è una risposta chiara e vi spiego il perché… Oggi come oggi conoscere le realtà dei fatti non è molto conveniente perchè ti porterebbe a trarne delle conclusioni immediate e di conseguenza a farti ridere o soffrire. Quindi e come se ognuno di noi dichiarasse un concreto futuro per il proprio cammino. Mentre la superstizione, nel caso in cui il nostro calcolo logico porterebbe a pessimi risultati, aprirebbe un’immaginaria porta che ti potrebbe introdurre ad un destino migliore e diverso, annullando la sofferenza della conoscenza che non sempre è bella e non sempre potrebbe condurre l’uomo ad una bella vita. Conoscere o no questo è il problema… Non ditemi cosa è meglio perché sta a chi o cosa bisogna conoscere. Di certo la cultura non offre spazio alle varianti al contrario della superstizione che può sbloccare la tua coscienza verso un tunnel più luminoso.

Cogliere l’attimo: la fotografia sportiva

Cogliere l’attimo: la fotografia sportiva. Raccogliere l’attimo fuggente è la condizione basilare della fotografia sportiva. Riuscire a beccare l’emozioni nei loro istanti rappresentati dagli sguardi affranti o felici degli sportivi, catapultano il fotoamatore e l’ osservatore nello scenario sportivo quasi come fossero i protagonisti del momento. La fotografia in generale è metafora di vita e se lo scatto è fatto bene riesce a commuovere  lo scrutatore e questa piccola nozione riguarda anche la fotografia in generale. Tuttavia effettuare scatti di questo genere non è facile poichè bisogna avere un’attrezzatura specifica ed inoltre il fotografo deve avere la capacità di prevedere le “mosse del soggetto” per cogliere il miglior scatto. Deve amare ciò che scatta per creare la foto nella sua mente in untempo velocissimo e poi trasmetterla realmente. Premettendo che per scattare al meglio occorre essere a bordo campo o a bordo pista per avere un maggiore impatto visivo, l’attrezzatura adatta varia dallo sport che si vuole immortalare. In generale è consigliato usare i teleobiettivi ( più lunghi sono meglio è) e siccome ottenere i permessi di stare a bordo campo o pista non è semplicee, questo genere di obiettivi è destinato alle gare sopra citate. Un 500mm con apertura focale f/4 sarebbe l’ideale ma essendo magari troppo costoso si può optare sui tele più economici che variano dai 150mm ai 400mm. Per le gare da strada  o il ciclismo invece si può prendere in considerazione l’ottica grandangolare. Altri sport definiti indoor quali pallavolo o pallacanestro è ottimale un semplice 70-200 mm meglio se con un’apertura focale pari a f 2/8 dato che potrebbe esservi un’illuminazione scarsa. In questo genere di scatti è fondamentale la nitidezza e per evitare che ciò accada è opportuno avere con sè il monopiede essendo più facilmente utilizzabile. Affinchè ciò accada bisogna impostare tempi di scatto rapidi in quanto i movimenti stessi sono rapidi ed è basilare cogliere  quell’attimo fuggente che permetterà di congelare l’emozione. Ad onor del vero il tempo di scatto minimo consigliato è pari a 1/250s fino ad arrivare a 1/8000s. Altre volte invece si possono usare tempi relativamente lunghi, ad esempio per ottenere un panning, seguendo l’atleta con la fotocamera durante lo scatto  o di ottenere il “mosso artistico”. La sensibilità dell’ ISO deve essere bassa, fino a 400 per garantire meno rumore (anche se nella fotografia sportiva, il rumore quando non è eccessivo ha la sua gradevolezza). Qualora il rumore sia eccessivo lo si può attutire in post produzione col bianco e nero emulando la grazia delle pellicole ad altà sensibilità di una volta. In ultima analisi, bisogna far attenzione alla luce naturale e artificiale. Nel caso in cui si scatti in formato JPG, occorre bilanciare il bianco manualmente poichè la misurazione del bianco automatico non è sempre ottimale. In formato RAW non vi sono particolari insidie poichè il bianco si può modificare in fase di produzione. A prescindere del genere di fotografia, quest’ultimo formato garantisce sempre una qualità eccelsa. Cogliere l’attimo: la fotografia sportiva raccolta nell’immagine delle sue emozioni.

Fotografare le immagini riflesse nell’acqua

Fotografare le immagini riflesse nell’acqua. Fotografare riflettendo l’immagine in uno specchio d’acqua è di grande impatto oltre chè molto attraente. Questo avviene perchè l’acqua in un bacino e o nelle pozze ha un aspetto concavo che detiene l’immagine nitida. Si può effettuare questo genere di scatti usando anche la strada bagnata o muri  a patto che la superficie sia liscia. Anche se non piove, si può creare una pozza d’acqua artificiale. Ovviamente lo specchio d’acqua preso in considerazione può essere mosso o fermo, dando diversi effetti ottici alla foto stessa. Fotografare le immagini riflesse nell’acqua. Svolgere questo genere di scatti è molto semplice: occorre usare il cavalletto, mettendosi quasi a pelo d’acqua, puntando la reflex il più vicino possibile allo specchio naturale. Gli scatti da effettuare sono vari poichè si può scattare il soggetto con la sua immagine riflessa nell’acqua sottostante ad esso. Tuttalpiù si può  decidere di scattare il riflesso del soggetto.  In questo genere di scatti è consigliato evitare di scattare con il sole riflesso direttamente in quanto questo andrebbe ad attenuare molto la luce del soggetto principale. Pertanto le migliori ore nelle quali scattare è o nelle prime ore luci del mattino o al tramonto o ancora di notte, con le luci dell’ambiente circostante che si riflettono o meglio ancora se lo specchio d’acqua è in zona d’ombra. Qualora si decida di scattare il sole altro si può usare il filtro polarizzatore che tende ad azzerare i riflessi in eccesso del sole saturandone il colore del cielo. Per quanto concerne l’esposizione, è suggerito impostare l’esposimetro anche sul riflesso per verificare che non ci siano differenze di luminosità rispetto alle altre aree inquadrate. Successivamente sarebbe utile usare un diaframma abbastanza chiuso ad esempio f/9 in modo tale da mettere a fuoco anche il riflesso. Nella composizione fotografica può succedere spesso che “la regola dei terzi” non sarà rispettata scegliendo per una divisione a metà che potrebbe risultare la più equilibrata. Nel caso in cui lo specchio dell’acqua sia mosso il riflesso può trasformarsi in un immagine astratta contornato da una serie di colori dando così all’immagine e alla sua composizione una certa vivacità. Con questa scelta di scatto i giochi di colore rendono il riflesso il principale soggetto. Come obiettivo è consigliato usare un grandangolare se si ha a disposizione per il panorama. Per i particolari va bene il teleobiettivo ma per un uso comune va benissimo un normale 18/140 o 18/200 per le apsc mentre per le full frame l’ideale è un 17-40. E’ vivamente sconsigliato usare il flash che tende ad annullare l’immagine riflessa. Vi è da aggiungere che i riflessi nell’acqua possono essere creati anche con Photoshop ma questo  è un processo lungo e articolato da spiegare attraverso la teoria. Probabilmente lo scenario naturale approntato al momento con la foto già scattata mentalmente e il magico contatto con l’ambiente hanno sempre quella marcia in più richiedendo in fase di post-produzione dei lievi ritocchi. Fotografare: il percorso della sperimentazione in continua evoluzione.

La foto di copertina è ad opera del fotoamatore di Giuseppe Lo Brutto di Canicattì.