Plastica: dall’uso al consumo, dal pesce all’uomo.

Plastica: dall’uso al consumo, dal pesce all’uomo. La plastica è uno dei materiali più usato dall’uomo nella sua quotidianità su larga scala e nel momento in cui non serve più, esso viene gettato via. E’ pur vero che oltre ad essere utile è anche nocivo per l’ambiente, per la fauna e per l’uomo stesso. Si stima che all’anno sono circa 8 i milioni di plastica riversati nei nostri mari e che nel 2050, vi sarà più plastica che pesce.  Plastica: dall’uso al consumo, dal pesce all’uomo. Il pesce che l’individuo, giornalmente, consuma, è un pasto prelibato, ricco di proteine e vitamine. Perchè più plastica che pesce? Perchè di questa plastica buttata negli oceani, vi sono le microplastiche, componenti di piccole dimensioni che derivano dai prodotti della cosmesi che finiscono nella catena alimentare dei molluschi e pesci che l’uomo consuma. Queste sono particelle molto dannose così piccole all’ occhio umano, che hanno una dimensione inferiore ai 5 millimetri a causa del degrado del vento, del moto ondoso e della foto degradazione, per via dell’effetto della luce ultra violetta. Tali frammenti  sono dannosi perchè vengono scambiati per plankton e non essendo materiali inerti, una volta ingeriti, le micro plastiche, alterano la struttura fisica del pesce e contestualmente portano a infiammazioni del sistema immunitario e conseguentemente danni alla struttura del DNA. Inoltre, le micro plastiche, possono rilasciare anche additivi chimici, usati nella produzione della plastica, producendo effetti endocrini e una volta assorbiti, scambiati per ormoni, possono stravolgere la fase produttiva. Ma cosa succede nell’organismo umano una volta  ingerito del pesce contaminato? Non essendo stato apportato uno studio approfondito dal gruppo scientifico, si può stilare un elenco di sostanze nocive alla salute dell’uomo: bisfenolo A (BPA), nonilfenoli (NP), ftalati, polibromo difenil eteri (PBDE), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili (PCB), residui di pesticidi e gli esaclorocicloesani (HCH). Tra questi, il BPA (interferente endocrino) che può comportare effetti tossici nello sviluppo del feto. Secondo il Prof. Corrado Galli, si è esposti a tali rischi nel momento in cui, appurata la differenza tra pericolo e rischio, i frammenti di micro plastica possono diventare un rischio allorché si superano le dosi considerate a rischio. Qualsiasi sia la forma di inquinamento, oggi, in maniera sempre più aggressiva, si assiste al degrado ambientale. La natura si ribella e si ripercuote sull’uomo per via dell’ uomo stesso, mettendo a repentaglio la propria incolumità e quella delle generazioni future. La causa ambientale, dovrebbe sposare la sensibilità dell’uomo per dare più decoro e rispetto all’ ambiente nel quale egli vive, ma forse è il termine “Rispetto” che non è insito nel vocabolario dell’individuo, consentendogli di vivere nell’ inciviltà.

Foto da sposa: come fare un ritratto in chiesa?

Foto da sposa: come fare un ritratto in chiesa? Il ritratto della sposa è uno dei ritratti più comuni nel mondo della fotografia. E’ risaputo che per effettuare uno scatto, è fondamentale saper trovare l’equilibrio tra luce naturale e artificiale. Per dare equilibrio a ciò, è opportuno lavorare sul tempo di scatto rapportato alla regolazione del diaframma per trovare la giusta esposizione, facendo attenzione a non sovraesporre o sottoesporre. Foto da sposa: come fare un ritratto in chiesa? Per quanto in un quadro possa essere semplice oltre alla posa anche l’inquadratura, altro elemento da regolare è l’intensità del flash. Quindi, nel classico ritratto della sposa con alle spalle la navata, può essere tranquillamente usato l’allestimento a luce singola, con un faro a batteria Elinchom Ranger Quadra, montato su uno stativo molto leggero, efficace negli spostamenti o tutt’al più usare un flash esterno e un soft box pop-up come l’ EZ-Box di 60 cm di Lastolite. Come tempo di scatto, bisogna impostare la fotocamera pari a 1/125 impostando il diaframma minimo a f/5.6. Qualora non si riesca a trovare l’esposizione corretta interagendo solo sul diaframma, bisogna alzare leggermente la sensibilità dell’ ISO. Con questa impostazione, può succedere che il soggetto  sia scuro, sottoesponendolo. Foto da sposa: come fare un ritratto in chiesa? Per aver della maggiore chiarezza è consigliato di scendere come tempo di scatto a 1/60. In questo frangente, entra in aiuto il flash impostando esso a 1/4 della sua potenza. Et voila! L’ambiente diventa luminoso. Potrebbe risultare che con queste impostazioni, la luminosità dell’ambiente retrostante il soggetto, sia troppo chiaro. Basta provare ad impostare il tempo di scatto a 1/80. Cosi facendo, può succedere che il contorno degli occhi sia ancora un pò scuro. Ecco che entra in gioco il riflettore per rimandare la luce del flash verso degli occhi della sposa. Occorre effettuare le prove sia con il lato bianco che con quello argentato: quest’ultimo può riservare un effetto duro per l’effetto migliore desiderato. Dopo aver sperimento le modalità dello scatto, l’uso di Photoshop serve per dare i ritocchi per una corretta pubblicazione. In conclusione, ricordando che la fotografia è sperimentazione della tecnica e dell’interpretazione, queste sono nozioni che si assimilano solo con la pratica . E’ come andare in bicicletta: una volta imparato non si dimentica più.

I colori raccontano l’umore di un individuo?

I colori raccontano l’umore di un individuo? Se cerchiamo sul vocabolario la parola “colore”, scopriamo due definizioni:

  1. Gli scienziati dicono che il colore è una percezione di luce riflessa da un oggetto sui nostri occhi;
  2. Gli artisti dicono che il colore è una sostanza usata per dipingere;

Sia scienziati che pittori convengono sulla classificazione dei colori la quale dice che i colori base sono tre. Questi tre vengono chiamati assoluti perchè non si possono ottenere da nessuna mescolanza. Gli scienziati dicono che questi tre sono il rosso, il blu e il verde. Gli artisti dicono che i tre colori primari sono il rosso, il blu e il giallo. Mescolando i tre colori primari degli scienziati si ottiene il bianco, mentre mescolando i tre colori primari degli artisti, si ottiene il nero. Ecco come sempre arte e scienza non vanno mai d’accordo pur essendo unite. Questo è un dilemma che vive da secoli ma a noi interessa capire come si evidenziano gli stati d’animo di un artista dall’uso che fa dei suoi colori, quindi per adesso tralasciamo il punto di vista dello scienziato. Il colore è, per la mente come le onde del mare infatti agisce su di noi come la musica. Esistono circa dieci milioni di sfumature diverse, senza contare quelle che alcuni animali possono vedere. Sembra inoltre che i colori siano in grado di trasformare pure le nostre percezioni. Un ricercatore americano di nome Kurt Goldstein, ha dimostrato che gli oggetti sembrano più grandi e pesanti sotto una luce rossa, più piccoli e leggeri. Una Ferrari grigia metallizzata sarebbe una Ferrari, ma non avrebbe più quella fondamentale valenza eccitativa della rossa. Perchè? Gli studiosi di cromoterapia hanno stabilito che il rosso scalda il corpo e stimola la produzione di sangue ed è indicato anche per combattere la depressione nonostante possa essere utile per curare raffreddore e mal di gola. Prendiamo un altro esempio? Si. Esaminiamo il verde. Da molti studi psicologici effettuati su vari soggetti si è scoperto che il verde è un colore rilassante utile a favorire la riflessione e a mantenere la calma, in certi casi riesce pure a curare il mal di testa. Così è l’artista che esprime il proprio stato d’animo in base ala prevalenza di un colore sul proprio disegno come un fotografo esprime il proprio stato d’animo dalla predominante di colore che usa in una fotografia. Da un attento studio siamo riusciti a raggruppare alcuni colori più utilizzati in campo artistico e abbiamo accostato un riassunto delle associazioni dei vari stati d’animo. Ve li mostro in un mio piccolo elenco numerato:

  1. ROSSO: Richiama il fuoco, la passione e la forza;
  2. ROSSO SCURO: Richiama la costanza, la continuità e l’immortalità:
  3. ARANCIONE: Richiama il sole, la gioia e la magnificenza;
  4. GIALLO: Richiama il sole, la luce, la fiamma e il collegamento;
  5. VERDE: Richiama la vegetazione, la natura, il silenzio e la speranza;
  6. AZZURRO: Richiama difficoltà e inquietudine dovuta a problemi di incomprensione, soldi e salute affettiva;
  7. TURCHESE: Richiama gratificazione per chi si occupa co grande ingegno di arti o scienza;
  8. BLU: Richiama l’acqua, il cielo, l’immensità e la nostalgia;
  9. PORPORA: Richiama la magnificenza, la dignità e la potenza;
  10. VIOLA: Richiama  sentimenti di modestia, generosità e umiltà. E’ simbolo anche di timidezza;
  11. LILLA: Richiama un amore sincero e privo di interessi, anche se è semplicemente destinato ad amici;
  12. VIOLETTO: Richiama la sollennità, la misticità e il crepuscolo.

Questi sono solo alcuni dei colori più comunemente usati ma sono tanti i significati che vengono attribuiti a tutti gli altri in base ai contesti a cui si fa riferimento. Vogliamo ricordare che la più grande maestra nell’uso dei colori è la natura. Basta pensare alle stagioni per capire il modo in cui si riesce tramite i colori. Noi siamo costantemente influenzati dai colori della natura e agiamo con una sottomissione indiretta verso di essi. Poichè noi facciamo parte della natura stessa, anche noi siamo uno dei suoi colori. E il bianco e il nero? Questo lo definirei un rebus molto a cui rispondere ma ciò non toglie che non possa dare la mia interpretazione:

  1. BIANCO: Richiama il simbolo della purezza, dell’innocenza e del pudore. Esprime un sentimento puro e sincero. Viene addirittura utilizzato quando si attendono nuove notizie. Per la precisione, il bianco è considerato primario poichè non si ottiene mescolando altri colori e viene definito da un artista acromatico;
  2. NERO: Richiama l’inizio e la fine di tutte le cose, dal quale tutto nasce e tutto ritorna. Il nero è definito secondario perchè si ottiene mescolando tutti i colori.

Ogni popolo in ogni tempo ha attribuito ai colori significati simbolici diversi e i nomi dati alle tinte variano da una cultura all’altra. Non esiste in ogni lingua una traduzione dei nostri giallo, rosso, blu e verde. Se in occidente il colore del lutto è il nero, sappiate che in cina è il bianco. Riuscendo a capire le tonalità dei colori si può arrivare a capire il modo di pensare e di agire delle persone e se si è attenti osservatori, si può usarli contro o a favore di chi si osserva. L’artista è l’elemento più facile da studiare perchè a differenza degli altriparla solo con l’utilizzo dei colori. Smascherare un artista è semplice come togliere un lecca ad un bambino, ma a differenza di esso ricordatevi che l’artista è l’essere umano più imprevedibile per eccellenza. Quindi vi consiglio di fare attenzione e non date mai per scontato ciò che sentite. Conoscere i colori è importante per decifrare l’animo di un artista, ma non fidatevi mai dell’apparenza.

Il surrealismo fotografico di Antonino Ingrande

Il surrealismo fotografico di Antonino Ingrande. Antonino Ingrande, classe 1958, di professione è un consulente del lavoro ma fin dall’età adolescenziale, è affascinato dal mondo della fotografia che ha inizio con l’acquisto della sua prima Yashica FR. Ma cosa ha avvicinato il nostro Antonino Ingrande alla fotografia? Di certo l’arte creativa che uno scatto può trasmettere, qualsiasi sia la posa, la modella o il posto. Il surrealismo fotografico di Antonino Ingrande si nota dalle colorazioni e dalle impostazioni cromatiche dei suoi scatti, infatti in esse primeggia la dolcezza delle dissolvenze di colore che vanno da un tono ad un’altro totalmente contrastante senza portare alcun fastidio all’occhio di chi osserva. Le foto di Ingrande richiamano alla mente le pitture di Carlo Dolci che fù un artista fiorentino del 600 che come tecnica madre utilizzava le dissolvenze di colore tenui con l’utilizzo di una miscelazione che richiama le antiche pitture ad olio. A causa di impegni familiari Ingrande fu costretto a sospendere la fotografia per un certo periodo della sua vita, ma sospendere la foto per un fotografo è come togliere l’acqua ad un pesce, non a caso Antonino si è ripiombato in quel mondo di cui la sua stessa natura fà parte. Il surrealismo fotografico di Antonino Ingrande. Questa passione, cresce in maniera ancora più evolutiva, con lo studio e la perfezione: non a caso, ha iniziato a partecipare a vari workshop in tutta italia, con la fortuna di collaborare con vari maestri della fotografia, apprendendo da loro le tecniche inerenti sia per la fotografia che per la post produzione incluse le tecniche delle luci digitali. La passione di Antonino per la fotografia è stata ripagata con delle grandi soddisfazioni. Ha vinto tanti concorsi ma la più grande soddisfazione è stata quella di poter vedere alcuni dei scuoi scatti pubblicati dalla rivista Digital Camera Magazine Italia. Per Antonino la fotografia è l’espressione della dolcezza della sua anima ricca di diversità collimanti, ma molto intime nel loro mescolarsi. Un’amore cromatico domina le sue foto simile a quello che domina la sua mente e il suo cuore.

         

Gioachino Amico: L’uomo delle stelle.

Gioachino Amico: L’uomo delle stelle. Gioachino Amico detto Giò è un fotoamatore futurista e innovativo che coniuga il contrasto alle forti esaltazioni delle proprie opere fotografiche. Definire lo stile seguito dal fotoamatore in questione non è semplice, poichè da un’attenta osservazione delle sue foto si evince una varia ed estrema quantità di caratteri estremamente contrastanti. Giò Amico manifesta il suo forte e passionale legame con la vita e con l’essenza della natura che lo circonda. Provando a definire lo stile del fotografo Amico si potrebbe parlare del fotografo delle correnti energetiche dei corpi e dei ricordi. La sua esperienza fotografica varia dalla paesaggistica raffigurata con la stessa tecnica di una natura morta quasi astratta, all’assoluta esaltazione del mondo in miniatura: Il macro. Gioachino Amico: L’uomo delle stelle. Nella raffigurazione del macro Giò Amico riesce a rendere grandi quei piccoli mondi ricchi di colori e riesce ad esaltarne i caratteri e a fotografarne l’intenzione dei soggetti stessi quasi come a farli parlare con la miscelazione dei colori. Un’altra esperienza che ha segnato la vita di questo grande narratore è quella del fotoreporter da viaggio. I viaggi di questo fotografo sperimentalista sono stati incentrati sulla voglia di conoscere la cultura e le religioni. Questo tema nasce dalla raccolta del pensiero conservatore del passato alla nuova interpretazione della vita ricca di modernità e domande capaci di mettere in discussione la più affermata delle ipotesi e la più radicata delle religioni. L’essenza diventa la base delle sue ricerche e la scoperta di essa lo porta a viaggiare con la propria fotocamera dando un’interpretazione cromatica che accosta un determinato colore di prevalenza ad ogni sua linea di pensiero. Il momento fotografico non finisce allo scatto, ma alla riscoperta di quanto scattato, infatti è li che le fotografie di Giò Amico subiscono la sua riflessione. Una riflessione dall’alto più di ogni altra formamentis accompagna il suo occhio oltre il cielo ma vicino all’umana concezione dell’agire e dell’interpretarsi. Gioachino Amico: L’uomo delle stelle. Uno sguardo di un uomo che vive con il sogno di scoprire quanto di più lontano ci possa essere dell’equilibrio umano, tanto lontano da essere associato alle stelle. Le stelle sono i pensieri brillanti che Giò Amico rivisita giorno dopo giorno arricchendoli della propria presenza riflessa al momento temporale in cui si trova. E per questo che vive tra questi pensieri legati alle sue foto. Perchè le foto rappresentano il suo legame con essi e vivendo in mezzo al loro legame vive nella loro lontananza rendendola piccola e vicina. Giò Amico l’uomo dei pensieri che firmano il cielo. Giò Amico l’uomo delle Stelle.

         

Geri Ciaccio: il mago del boudoir

Geri Ciaccio: il mago del boudoir. Geri Ciaccio, originario di Camporeale, ha abbracciato solo da qualche anno il mondo della fotografia. Geri ci racconta che per caso, un giorno, previo scommessa con gli amici, essendo un viaggiatore sia per lavoro oltre che per passione, programma un viaggio. Privo di fotocamera rottasi poco prima, decide di acquistarne una nuova. Per una serie di circostanze il viaggio salta e di questo non rimane nient’altro che la fotocamera. Preso dalla curiosità di usare comunque la sua nuova digitale, comincia ad effettuare una serie di scatti, cominciando a percorrere il viaggio della fotografia. Geri Ciaccio: il mago del boudoir. Per Geri, persona estremamente riservata ed umile, la fotografia è come il viaggio della vita, un’esplorazione da vivere a 360 gradi, da abbracciare con entusiasmo e la macchina fotografica è l’elemento che consente di raccontare se stessi attraverso l’immagine, lasciando spazio anche alla fantasia, paragonandolo al tragitto percorso da un’auto che corre a più non posso, per raggiungere i limiti, valutarli e superarli. Geri Ciaccio: il mago del boudoir. Nasce come fotografo amatoriale, divenuto oggi un professionista affermato. Nei suoi scatti, Geri, si identifica nel ritratto e il soggetto da lui preferito è la donna, figura complessa ma delicata allo stesso tempo, che esprime passione e sensibilità. Lo stile da lui usato è il boudoir che ritrae la donna in pose romantiche, intime e sexy, simulando desiderio, senza rilevare nulla esplicitamente, lasciando spazio all’immaginazione. A differenza del nudo, che può cadere anche nel volgare, tramite il boudoir, con le pose giuste possono nascere scatti davvero emozionanti ed è uno stile dedicato anche alle modelle non professioniste. La donna, per Geri è protagonista anche nei ritratti paesaggistici ed uno tra questi che meglio lo rappresenta è la foto “Ruderi della Valle del Belice“, dove nella scenografia di un teatro rurale abbandonato dalle incurie del tempo, identifica nella figura della donna la possibilità di una nuova rinascita. Fotografare per Geri Ciaccio è trasmettere emozioni, oltre che sensazioni e i suoi scatti parlano chiaro. Viaggio nella fotografia: sensazioni raccontate attraverso momenti di sconfinata leggerezza immersi nella profonda visione dell’ esistenza frivola.

    

Assassini: nuovi divi della tv?

Assassini: nuovi divi della tv? Ogni giorno, sono numerosi fatti di cronaca divulgati dai media. Ne è esempio l’ennesimo caso di omicidio accaduto ieri nella città di Terzigno, in provincia di Napoli, stroncando vite giovani con tutta la propria esistenza ancora da scoprire. Pura violenza e stupro alla vita che non viene placata. Ma cosa alimenta la crescita di queste brutalità quotidiane? Sarà la pazzia, le condizioni sociali che non cambiano, la perdita di valori o ancora la mancanza di soddisfazione sociale a indurre gesti estremi? Assassini: nuovi divi della tv? Il cancro è l’informazione. Informare, per carità, è corretto e doveroso ma a prescindere dalle motivazioni evidenti sotto gli occhi di tutti, all’attualità delle cose, sembra che l’omicidio sia uno dei fatti di cronaca più in voga del momento. Assassini: nuovi divi della tv? Analogicamente parlando, sembra di essere seduti dietro ad uno schermo, alla visione di un thriller dove lo scenario è la realtà circostante, il finale è l’inizio della macabra storia, l’assassino il protagonista e la vittima l’antagonista, diventando protagonisti indiscussi della tv nostrana, sostituendo la vera figura del divo hollywodiano. Da questo punto di vista, sembra che commettere un omicidio o qualsiasi altra forma di violenza, sia diventato uno status simbol, in quanto il divo macabro, cosciente di aver lustro per i propri delitti commessi, sembra premeditare questi gesti contro natura, consapevole di essere supportato dai programmi televisivi che vivono di audience. Proprio l’eccessiva della comunicazione che ha nello scopo di raccontare le storie con l’intento di scovare la verità, sembra provocare nella mente del singolo individuo privo ormai di ogni certezza,una motivazione in più per aver quel momento di vana gloria, diventando pura disinformazione. Alla mercè di una realtà ormai povera, giunge un’osservazione sarebbe a dire che l’individuo è estremamente povero di valori, incapace di essere obiettivo nella valorizzazione del proprio essere e del bello circostante divenendo vittima della società, sostentata da una efferata comunicazione, epicentro del mal vivere comune.

L’istante fotografico di Santo D’arrigo.

 L’istante fotografico di Santo D’arrigo. Santo D’arrigo, ennese,  fotografo per passione e per professione, nutre amore profondo per la fotografia dagli anni 80. Per il nostro Santo, fotografare è creare l’immagine, andando oltre lo scatto effettuato con il semplice sguardo dell’occhio, cercando di raccontarsi. Tramite lo scatto, tra i numerevoli istanti immortalati, è chiara e percepibile la sua concezione di idea di immagine, sia che sia uno street, ritratto o paesaggio. L’istante fotografico di Santo D’arrigo. Per un decennio ha seguito eventi di moda e tra tutti predilige i ritratti. Con il ritratto tende a mettere in risalto l’animo del soggetto in quel preciso momento, fotografando lo sguardo, esaltando l’occhio, inteso come specchio dell’anima. Ma nel ritratto, Santo tende anche a raccontare non solo l’animo del soggetto ma anche l’armonia dello stesso con la realtà circostante. D’arrigo ricorda ancora come se fosse ieri, il giorno del suo primo scatto. Racconta che era la settimana santa ennese e voto alla tradizione religiosa, in quell’anno, anno 1980, decise di rendere pubblica la tradizione religiosa del suo paese oltre a raccontare l’emozione della tradizione stessa. L’istante di quel momento fu il suo input: Santo capì che era giunto il momento di cimentarsi in un nuovo mondo, tanto bello e particolare, quanto affascinate. L’istante fotografico di Santo D’arrigo. L’idea di scattare fu dettata anche dal pensiero di poter estrapolare dalla sua mente i ricordi e le emozioni di ciò che osservava e poterli divulgare, mettendoli a disposizione di tutti. Così, inesperiente ma desideroso e voglioso di questa nuova esperienza, decise di acquistare la prima macchina fotografica analogica. Tra i tanti ricordi, divisi tra sorrisi e momenti nostalgici, Santo rimembra l’attesa frustante degli sviluppi delle fotografie, trasmettendo felicità, nel rivedere tangibile e concreta la sua visione oltre che rabbia a causa della sua impreparazione. Proprio per questa rabbia, traducendola in elemento di forza, non demorse e decise così di non arrendersi ma di continuare a provare, perfezionandosi sia come autodidatta che attraverso corsi di specializzazione. Oggi, D’arrigo è uno dei fotografi più affermati che la sfera siciliana possa offrire. Per il nostro amico, la fotocamera è la rappresentazione della sua anima. frutto della esperienza, Santo D’arrigo invita chiunque a non arrendersi mai e a perseguire il proprio sogno, senza abbattersi dietro al fallimento o alle critiche. Bisogna vedere oltre ciò che si ha davanti, osservando con profondità e cercando di percepirne il senso.

   

Inizia il master Fotografo 2018.

Inizia il master Fotografo 2018. L’ Ass. Socio  Culturale Cineworldcorporation di Canicattì guidata dal presidente Livio Facciponte, avvia ufficialmente le iscrizioni per “Fotografo 2018”, giunto alla quarta edizione. “Fotografo 2018” è un master di fotografia base che avrà come scenario il comune di Palma di Montechiaro, conosciuta come la città del Gattopardo. I docenti del master sono i fotografi Diego Scaglione e Francesco Signorino che come sempre mettono a disposizione degli allievi la propria eccellenza artistica e culturale. L’evento si strutturerà in 17 appuntamenti, in cui saranno realizzati N. 6 workshop con la partecipazione di Chiara Panno che sarà la modella professionista e delle lezioni che andranno dall’utilizzo della macchina fotografica alla conoscenza del famoso programma di fotoediting Photoshop. Il tutto si chiuderà in bellezza con la realizzazione di una mostra fotografica all’interno del palazzo del Gattopardo in cui gli aspiranti fotografi esporranno le proprie opere al pubblico sottoponendole ad un’attenta recensione fotografica realizzata dagli ospiti che interverranno durante la serata. Inizia il master Fotografo 2018. Tutto avrà inzio il 15 maggio e si concluderà il 23 giugno presso il Palazzo Ducale di Palma di Montechiaro. Il master sarà coordinato da Livio Facciponte e da Carmelo Mulone. La relatrice sarà Ilary ponticello che si occuperà della coordinazione tecnica dei lavori. Fondamentale sarà l’impronta artistica dello scenografo Lillo Locastello coadiuvato dallo stylist Alfio Abbodino che si occuperanno delle scenografie e dei soggetti da fotografare. Non meno importante sarà la collaborazione dei soci Salvatore Caico, Enzo Asaro, Giovanni Locastello e Concetta Monteleone  che porranno la propria professionalità a disposizione dello svolgimento dei lavori. Il programma lavorativo consentirà agli aspiranti fotografi di poter percorrere l’intero cammino di un appassionato di fotografia approfondendo tutte le tecniche che andranno dallo scatto al montaggio fino alla stampa e all’esposizione delle proprie opere digitali. La Cineworldcorporation ha scelto la città di Palma di Montechiaro sotto stretta iniziativa della fotografa Emilia Lupo e con l’appoggio tecnico e programmatico dell’assessore Alessandra Fiaccabrino che ha coordinato il lancio del master fino alla richiesta di patrocinio concessa da sindaco di Palma Stefano Castellino. Inizia il master Fotografo 2018. Lo scopo dell’evento è anche strettamente legato alla valorizzazione del territorio Palmese, ricco di grande tradizione e di un forte carattere mediterraneo. Afferma il Vice presidente della Cineworldcorporation Gaetano Ricotta: “Sta per cominciare un sogno ricco di cultura e di colori… Saranno tutti coloro che ci crederanno a trasformarlo in realtà”. Le iscrizioni sono ufficialmente aperte e il numero degli allievi previsto è per  un massimo di 18 alunni. Per info consultate il sito www.cineworldcorporation.com oppure chiamate ai seguenti recapiti:3807852624, 3282592440; 3283680951. Iscrivetevi e anche voi diventerete protagonisti di questa magica realtà.

La dolcezza nella foto di Filippo Passarello.

La dolcezza nella foto di Filippo Passarello. Filippo Passarello, palermitano, classe 1958, è l’uomo siciliano che dedica amore verso la famiglia, dedizione nel lavoro e la passione per la fotografia. Per Filippo, fotografare è raccontare la realtà circostante, con l’intento di narrare tramite il ritratto il valore delle tradizioni. Attratto sin da piccolo dal disegno e dalla pittura, è con la fotografia che vuole esporre ciò che per lui artisticamente è bello ma è anche il momento di interazione tra se e il paesaggio circostante. Fotoamatore sin da ragazzino, inizia a scattare con la compatta analogica 35mm. All’età di 15 anni, acquista la sua prima reflex, potendo cosi effettuare le sue prime foto di qualità. Fortuna ha voluto che Filippo abbia ricoperto, negli anni 80, un ruolo in un laboratorio di stampa acquisendo una notevole esperienza nella composizione delle immagini. Da autodidatta approfondendo la sua conoscenza con la pratica. L’esperienza acquisita ha portato Passarello a scattare vari generi di foto, dal macro, alla moda e allo spettacolo con il ritratto paesaggistico. La dolcezza nella foto di Filippo Passarello. Infatti, il ritratto paesaggistico è lo scatto che più predilige e ogni volta che rimembra quegli scatti, Filippo rievoca quel paesaggio come se riuscisse a toccare con mano l’ambiente da lui immortalato, immaginandone e percependone i profumi. Un viaggio indietro nel tempo che riporta alla mente ricordi vivi, tra momenti emozionanti, carichi di calore. Tra i tanti luoghi siciliani visitati attraverso la propria emozione dello scatto, quello che lo rappresenta maggiormente è Casa Anticamenta, luogo che ricalca la perfezione dei luoghi e dei personaggi, dove l’ambiente caldo e la luce naturale, consente di realizzare ritratti molto particolari.  Tra le tecniche di montaggio usate, una di quelle preferite è l’effetto Rembrandt, come schema principale di luce. Di fatto, tra i numerosi scatti di Passarello, altro soggetto immortalato è il contesto siciliano evidenziato dalla figura dell’uomo e della donna a metà de xx secolo . La dolcezza nella foto di Filippo Passarello. Per il nostro amico Passarello, fotografare è l’alienazione immaginaria della storia delle tradizioni descritta ai giorni contemporanei.